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Stadi, debiti e processi: perché la Serie A è uscita dal mercato

Il nostro campionato ha perso potere economico e appeal. E' una caduta di cui non si vede la fine, mentre in Premier...

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La forbice è sempre più larga, se basta un acquisto qualsiasi Oltremanica per superare, e di gran lunga, la spesa totale dei club italiani in tutto il mercato di gennaio. La Serie A, con Inter, Milan e Juve per la prima volta praticamente assenti al tavolo delle trattative, allarga la distanza con le big - ma non solo - straniere e perde progressivamente di competitività. Non è difficile fare il conto: il solo Enzo Fernandez, per cui il Chelsea ha pagato 120 milioni di clausola rescissoria, ha mosso da solo più soldi di quanti non si siano spostati in tutto il nostro campionato. Una follia, forse, ma tant'è, e su questo bisogna riflettere e parametrarsi. 

Capire cosa sia successo, anzi, cosa stia continuamente accadendo, non è complicato: conti in disordine, a voler essere generosi, stadi obsoleti e per lo più di proprietà dei comuni - salvo qualche virtuosa eccezione -, appeal che va via via riducendosi e, per non farci mancare nulla, anche un processo sportivo a carico della Juve che ha spento anche i fuocherello residuo delle nostro capacità economiche. 

Partire proprio dalla Juve ha un senso stretto: un anno fa i bianconeri chiusero, un po' a sorpresa, l'affare Vlahovic con la Fiorentina. Un rinforzo vero, al netto di prestazioni poi al di sotto delle aspettative, un tentativo concreto di migliorare la squadra strappando, anche alla concorrenza estera, un giocatore futuribile e comunque già importante. Oggi, stretta nella morsa del processo plusvalenze e di quello, che arriverà, sugli stipendi, i bianconeri non hanno mosso un euro. Anzi, hanno ceduto McKennie.

Peggio ancora hanno fatto Inter e Milan. I nerazzurri sono rimasti con il cerino Skriniar in mano e perderanno lo slovacco a zero a giugno senza avere in mano il sostituto. I rossoneri, che hanno aggiunto alla rosa il solo Vasquez, hanno tentato timidamente di chiudere l'affare Zaniolo con la Roma sbattendo contro la volontà/esigenza del club giallorosso di fare cassa subito rifiutando, quindi, la formula del prestito con diritto proposta dal Milan. Il resto è storia, ma è una storia che andrebbe studiata: come può il Bournemouth, società periferica della Premier, avere un potere d'acquisto di molto maggiore di uno dei tre club più importanti del nostro campionato?

La risposta è semplice: diritti televisivi nettamente superiori, perché la Premier attira molto di più della Serie A, stadi di proprietà e all'avanguardia, marketing sempre in grande evoluzione, proprietà ricche e disposte a investire nel pallone. I conti? Migliori dei nostri. Per capirci: il Milan, che da qualche anno sta lavorando per aggiustare le finanze, non può scostarsi, come ripetuto numerose volte da Paolo Maldini, dal diktat della sostenibilità. Esce questo, entra quello. Altro budget, di fatto, non esiste, tanto che Gerry Cardinale, interpellato dalla dirigenza per capire se fosse possibile spendere qualcosa per Zaniolo, ha serenamente risposto picche. 

Dell'Inter, come della Roma, è perfino superfluo parlarne. Entro fine giugno nerazzurri e giallorossi dovranno mettere a bilancio importanti plusvalenze - tra i 60 e i 70 milioni - per dare una spolverata ai conti. Altrimenti saranno guai, soprattutto alla voce Fair Play Finanziario, porta d'ingresso obbligatoria per guadagnarsi l'accesso alle coppe. Non basta, perché in fondo di qui, da conti complicati, passa anche la difficoltà di gestire i contratti. E' vero che il nostro non è il solo campionato in cui i giocatori scelgono di andarsene a parametro zero, ma certamente quest'abitudine è quanto mai diffusa, non fosse altro che altrove i contratti sono decisamente più alti. Dove da noi si può offrire 6, in Inghilterra, Spagna e Francia si mette sul piatto 10. La distanza, va da sè, non è insignificante. 

In questo senso la famosa accelerata che da anni si chiede per favorire la costruzione di stadi di proprietà è quanto mai necessaria. Ma come è possibile che Milan e Inter siano aggrovigliati dentro il caso San Siro da anni? Un passo avanti e due indietro, ogni volta, con la politica che invece di aiutare, complica. Invece di comprendere la necessità di favorire una delle maggiori industrie del nostro Paese investendo, si limita a spalmare il pagamento di tasse che, anche per via della pandemia - ma non solo! -, sarebbero semplicemente dovute. 

E allora non ci si può stupire se gli acquisti della nostra Serie A restano burle da social, giornali e siti. Restano lì, perché lì i soldi non servono. E sognare è l'ultima cosa che ci possiamo permettere. 

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