Milan, cronaca di una morte annunciata

Gattuso non è stato abbastanza forte fino in fondo. Ma Leonardo ha commesso ben più di un errore

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Quando sei povero, brutto e sfortunato, è storia nota che pure gli eventi ti si mettano contro. Avete presente le "leggi di Murphy"? "Se qualcosa puó andare male, lo farà", recita una delle più famose: e il Milan di oggi è una tale catasta di negatività e di errori che a Torino, per sancire l'inevitabile, rovinoso crollo finale, anche arbitro e sfiga hanno voluto metterci del loro, desiderosi di esserci, di apparire nella foto ufficiale del fallimento rossonero. Tutto è andato come previsto, come ampiamente prevedibile dopo la raggelante vigilia del sabato: Gattuso già fuori gioco, una squadra legata ormai solo da fasci di nervi - e Guida non ha perso occasione per infierire - e da residui stracci di volontà (Cutrone) e idee (Paquetá). E poi, l'ormai accertata impotenza, la testa scollegata: e i piedi fanno ciò che detta la testa.

Qualcuno ora spera ancora nel riscatto, nella rimonta Champions, nel bottino pieno di quattro partite definite abbordabili per avversari e loro mancanza di obiettivi di classifica. Tutto questo si chiede a un gruppo che di punti ne ha fatti 5 nelle ultime 7 partite (peggio, in questo segmento, solo Fiorentina e Parma) e che è rimasto palesemente senza guide, e il plurale non è casuale. Fa sorridere il processo notturno all'allenatore, l'attesa delle decisioni sul suo futuro, perché Gattuso è già stato esonerato due volte, in questa stagione: la prima a fine dicembre, e solo l'indecisione sul successore e la vittoria con la Spal fermarono tutto; la seconda dopo il derby di ritorno e lì, con il Milan ancora pienamente in corsa per i suoi obiettivi, il tecnico ha completamente - e comprensibilmente - perso la via caricandosi di una tensione trasmessa a una squadra che, oltre a manifestare palesi limiti tecnici e di organico, non brilla certo per forza mentale. Rino non è stato abbastanza forte fino in fondo: è una colpa? Sì, lo è, con molte attenuanti, però.

Sulle altre e vere colpe ragioni invece la società, ragioni soprattutto Leonardo, che nella gestione dei rapporti col tecnico, nella valutazione del suo lavoro ha commesso ben più di un errore. Conosceva bene i suoi polli, il Direttore rossonero, mister e giocatori, e una legittima, anzi, più che legittima intenzione di voltare pagina a livello tecnico andava probabilmente portata avanti in un'altra maniera ora, nel momento cruciale della stagione. Oppure andava fatta prima, molto prima, in inverno: quando al di là del conseguente shock dei giocatori legati al mister, ci sarebbe stato il tempo per raccogliere gli eventuali frutti di una sterzata. Adesso è tardi, e se si vuole credere che il traghettatore improvvisato (la Primavera di Giunti sta lottando per la salvezza) possa servire anche solo per neutralizzare la totale, irreversibile negatività di Gattuso, lo si creda pure.

A oggi, quella del Milan è la cronaca di una morte (sportiva) cercata, trovata e persino annunciata in conferenza stampa, sabato scorso. Per il futuro, si vedrà: Leonardo, Maldini, Gazidis hanno davanti il primo foglio in bianco della loro era sotto gli occhi molto critici del professore Uefa. Ancora prima di pensare a nuovi allenatori top di gamma e giovani prospetti pescati dal mago dello scouting Moncada, sarà già una impresa notevole realizzare plusvalenze fondamentali per bilancio e mercato in entrata tramite gente che si è svalutata solo giocando: un nome per tutti, Suso, su cui solo un coraggioso o un integralista del piede sinistro potrebbe investire 30 o 40 milioni. In attesa dello sceicco che non verrà, coraggio Milan, coraggio Milanisti (tranne uno, l'inascoltabile, irritante Matteo Salvini): non può piovere per sempre, anche se qui, da anni, è un ombrello via l'altro.