Il derby dei gesti, dei due capitani e di CR7

Juve-Torino resterà nella storia non per il risultato del campo

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Nei giorni in cui i tifosi della Juventus, senza alcuna eccezione, sono in attesa delle parole tra Andrea Agnelli e Massimiliano Allegri per arrivare a un dunque in vista del futuro prossimo della Juventus, si è assistito al derby nel quale i protagonisti sono stati i gesti. Non resterà il risultato, a meno che il Torino non fallisca il clamoroso obiettivo Champions per uno o due miseri punti, così come non resta in fondo nessun nome in particolare, per quanto i due migliori in campo ci siano e abbiano operato in qualche modo da omologhi, cioè Spinazzola e Ansaldi.

Non resteranno neppure gli errori, che siano di Cancelo o di Pjanic o di Bremer. Non restano neanche parate da infilare nella fitta cineteca delle stracittadine. I gesti sono sempre momenti a parte di una partita, e se non si tratta di gesti clamorosi, anche questi vengono in fretta dimenticati. E per quanto il gesto di fischiare da parte di parte dello Stadium a fine primo tempo, poi per un cross di Cancelo, infine al momento della sostituzione di un Cuadrado che ha provato a strafare come se dovesse dimostrare chissà che cosa. D'altronde la partita, salvo epiloghi eccezionali, si presentava già un po' come fine a se stessa. E il campo di gesti ne ha proposti eccome: ultimo della serie la stretta di mano tra i due capitani nel momento stesso del triplice fischio.

In precedenza si era assistito al gesto di Bonucci e Chiellini che indicano a Cancelo cosa si deve fare con una rimessa laterale, se non fosse che di rimesse all'indietro in direzione del compagno meglio posizionato ne è pieno il mondo e la Juve, sin dai tempi della gestione Conte, ne ha anche fatto un proprio (discusso, tra gli abbonati dello Stadium) marchio di fabbrica. Poi il gesto tecnico di CR7, quello ormai classico griffato “Air Ronaldo”, che capisce il pallone nell'istante in cui lascia il piedi di chi effettua il traversone e che resta in aria un secolo. Quella facilità di finalizzare, di testa come fosse un rigore, attraverso la semplicità e la naturalezza che si è consueti vedere in allenamento. Gesto che è valso il gol del pareggio, seguito dal gesto di andare a raccogliere il pallone nel sacco per rimetterlo a centrocampo: mentalità, perché per i pochissimi calciatori come Cristiano Ronaldo c'è sempre un obiettivo per cui combattere. I più attenti farebbero a questo punto notare altri due gesti: Nedved che parla a distanza a Paratici a metà primo tempo e Allegri che parla con Adani in un secondo incontro ravvicinato del terzo tipo. Per il giornalista - che oggi non è più solo un cronista - valgono quasi di più. Lasciamo che sia così dalla prima serata del giorno dopo la partita, come ai vecchi tempi.