Un paio, ma buoni: siamo sicuri serva una rivoluzione?

Il Tottenham insegna: la squadra ha un'ossatura intorno alla quale è possibile costruire qualcosa di interessante

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Dopo la due giorni di Champions mi son fatto qualche domanda. Troppo spesso, tra la tifoseria nerazzurra, impera l'idea di avere una squadra lontana anni luce dalle grandi potenze europee. Cosa che ho pensato anch'io, per qualche mese; finché non mi sono reso conto della reale forza non tanto del Barcellona, la conoscevamo, quanto del Tottenham. Si, il Tottenham, quelli battuti al Meazza tempo addietro. Nostri giustizieri nel girone per differenza reti, mica per predominio di gioco. Che ancora ho negli occhi la bomba di Asamoah a due minuti dalla fine mentre incoccia fortuitamente l'interno coscia di un difensore londinese che passava di lì casualmente; per ricordare e ribadire, quel tiro sarebbe finito dritto all'angolino. Cambiando, forse, non solo la storia di questa Champions ma, soprattutto, la nostra stagione. Sarà un caso, sarà il riscaldamento globale, sarà la nostalgia, sarà quello che vi pare ma l'involuzione interista inizia da lì, da quella eliminazione.

Siamo rimasti in vita fino alla fine nonostante tutto. Settlement agreement, rosa ristretta, campionato da dover onorare; con gli stessi uomini costretti agli straordinari. Poi, è vero, siamo mancati sul più bello, nel momento importante. Io credo per la desuetudine a giocare certe partite e l'assenza, in rosa, di gente abituata a determinate pressioni ed occasioni.

È questo il messaggio che mi piacerebbe rivolgere ai tifosi interisti ed ai dirigenti della mia squadra; al netto di evitare altri circhi mediatici di cui non sentiamo l'esigenza - siamo l'Inter, non un insieme sgangherato di calciatori col loro seguito - la squadra ha un'ossatura intorno alla quale è possibile costruire qualcosa di interessante. Godin sembra abbia deciso di scegliere la parte buona del Naviglio; e parliamo di un tassello fondamentale nell'economia di uno spogliatoio che deve crescere.

Ora che si puntino due grandi giocatori, avvezzi a palcoscenici e spettacoli importanti. Oltre a sanare beghe interne il più velocemente possibile.

Soprattutto in mezzo al campo si avverte, impetuosa, l'esigenza di accostare a Brozovic un interprete di livello del ruolo. E, magari, un esterno basso di caratura internazionale; non tanto dalla parte di D'Ambrosio, io non lo cederei mai, quanto dalla parte opposta, che ha spesso balbettato. Poi certo, il mercato porterà via alcuni e farà arrivare altri. Ma senza la volontà di restaurazione totale. Un paio, buoni, che insegnino ai compagni a non mollare nei momenti complicati. Con Nainggolan finalmente integro. Sarebbe già tanta roba.

Alla prossima.