Dio ci scampi e liberi dalla nuova maglia dell'Inter

Il marketing sportivo nell'epoca del brutto

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Una decina di giorni fa è stata presentata la nuova prima maglia dell’Inter, stagione 2020/2021: sarà la deriva iconoclasta che si respira nell’aria, fatto sta che balza subito all’occhio lo storpiatura delle righe verticali nerazzurre in una delirante e inquietante rivisitazione a zig-zag. I canali ufficiali del club meneghino sono stati bombardati di messaggi e i pareri si sono divisi fondamentalmente in due macro categorie: chi appoggia l’idea “innovativa” – non molti – e chi invece avrebbe optato per una soluzione più “classica” – la maggioranza.

A chi si chiede che cosa abbia spinto Nike a produrre questa oscenità – relativamente al nostro gusto si intende, non vorremmo mai offendere i canoni estetici di un fashion blogger asiatico – la risposta arriva direttamente da Scott Munson, vice presidente della multinazionale statunitense, che commenta: «La grafica è alla base del design post-modernista ed è anche un richiamo al Biscione». È una maglia il cui design riprende forme e colori caratteristici dello stile tribal-pop e reinterpreta le iconiche righe nerazzurre.

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