Milan, Inter e Juventus sviluppano la fase offensiva in modo differente ma comunque efficace
La fase offensiva mostra il vero DNA di ogni squadra e anche se in tanti continuano a sostenere che i giocatori vadano istruiti soltanto sulle posizioni da assumere quando la palla è tra i piedi degli avversari, l'addestramento tattico non può prescindere da tutto ciò che ruota intorno al possesso. Il che non significa avere degli automi che si muovono secondo schemi disegnati dai loro allenatori, ma soltanto cercare di rendere più semplici le scelte dei giocatori grazie a una serie di movimenti ispirati dai principi di gioco scelti dallo staff tecnico.
Una premessa necessaria per vedere come le tre grandi, che si stanno giocando lo scudetto 2020-21, sfruttino in modo diverso il proprio potenziale offensivo. Il Milan non ha giocate codificate, se si escludono ovviamente i calci da fermo (e la rete di Leao in avvio di partita a Reggio Emilia è l'esempio più chiaro). Pioli preferisce che i giocatori si muovano senza troppi lacci tattici ma seguendo principi precisi. Lo scaglionamento (il fatto di farsi trovare su differenti altezze del campo), la verticalizzazione e la velocità di esecuzione rendono lineari ed efficaci le tracce di gioco in fase di possesso palla. Basti vedere la fluidità di certe azioni con gli esterni d'attacco che vengono dentro il campo accompagnati dalle sovrapposizioni dei laterali di difesa e dagli inserimenti della mezzapunta o dei centrali di metà campo. Si spiega con questa applicazione costante di principi mandati a memoria la continuità di risultati nonostante l'assenza di giocatori che sembravano imprescindibili.
L'Inter ha ritrovato sé stessa quando è tornata a riprodurre le giocate che l'hanno portata a un punto dalla vetta nello scorso campionato e alla finale di Europa League. E' chiaro come lo sviluppo di certe combinazioni in velocità possano riuscire quando hai avversari (vedi Spezia) che cercano di proporre un calcio offensivo lasciando qualche spazio di troppo. Il gol di Hakimi contro la squadra di Italiano viene direttamente dal playbook di Conte: ricerca della profondità per la sponda di Lukaku per il compagno di reparto che verticalizza per l'esterno che attacca lo spazio. Un classico. Così come l'allargamento dell'intermedio quando la palla è sulla fascia in possesso del laterale di centrocampo. Una sequenza di giocate, anche codificate, che possono riuscire al meglio quando gli avversari ti concedono spazio. Altrimenti è più dura ma i nerazzurri, al di là del piano B, hanno i giocatori adatti per vincere anche le partite "sporche", quelle in cui è necessario trovare forme meno sofisticate per arrivare alla porta avversaria.
La nuova Juventus di Pirlo è un caso a parte. Il suo calcio è molto particolare ed è un mix tra organizzazione e improvvisazione individuale. Difende con un sistema (il 4-4-2) e attacca con tre giocatori, un play davanti alla difesa e ben sei giocatori offensivi chiamati a scambiarsi la posizione tra loro. Due sono delle mezzeali avanzate e gli altri quattro occupano tutto il fronte d'attacco. Nessuno ha un ruolo preciso ma ognuno deve svolgere un compito che sia nella propria posizione di partenza o in quella del compagno con cui si è scambiato di posto. Un calcio che a volte può incepparsi, quando il movimento non è costante o quando gli avversari non ti concedono spazi, ma che quando funziona (vedi Parma) può abbinare bellezza estetica e risultati.