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L'INTERVISTA

Cesari: "Ritorno alla Prova Tv? Stanno certificando l'incapacità degli arbitri"

L'ex arbitro: "Smentisce arbitri e varisti? Peggio, li prevarica in una gara a chi decide di più"

di Alessandro Franchetti
22 Ott 2025 - 11:45
 © Getty Images

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La scelta, se confermata, è sicuramente coraggiosa anche se curiosamente illogica. Il ritorno alla Prova Tv, ipotizzato dalla Gazzetta dello Sport dopo il caso del rigore concesso a Gimenez in Milan-Fiorentina e le parole di De Marco a nome dell'AIA, aprono un caso in certo senso epocale che configura un deciso ritorno al passato.
Spieghiamo: dalla Prova Tv, utilizzata una volta per punire scorrettezze non viste dalla terna arbitrale, siamo arrivati all'utilizzo del Var che, in sostanza, avrebbe dovuto vedere in tempo reale quello che le immagini televisive rivelavano soltanto dopo. Perché quindi ora si vuole tornare indietro?

Lo abbiamo chiesto al nostro Graziano Cesari: "La Prova Tv doveva e dovrebbe essere ammessa solo per episodi accaduti lontani dall'arbitro e quindi non visti e giudicati in tempo reale dallo stesso. Adesso invece, visto che la questione nasce proprio all'indomani del caso-Gimenez, vogliono usarla anche per fatti giudicati in campo dall'arbitro e rivisti al monitor dai varisti. In pratica è una denuncia piena all'incapacità di chi è in campo e di chi è davanti al monitor che, evidentemente, credono che non siano in grado di capire il gioco. E' come dare degli incapaci ad arbitro, assistenti e a chi è al Var cui, per questo, è necessario aggiungere un ulteriore supporto".

Ma crede che ci arriveranno davvero?
"Ci arriveranno per forza, è inevitabile: hanno certificato tutti i limiti della categoria arbitrale".

Non si rischia di arrivare al varista che smentisce l'arbitro e viene poi a sua volta smentito dalla Prova Tv?
"Non solo a smentire ma a prevaricare, a sostituirsi totalmente all'altro quando non è necessario. E' come se ci fosse una competizione per far vedere chi conta di più...".

Il tutto mentre ancora non si è ancora trovata la quadra sui casi in cui il Var deve intervenire...
"E questo accade perché non è mai stato modificato il protocollo iniziale. Quando si aggiunge una casistica di situazioni, è inevitabile cambiare il protocollo, altrimenti tutto crolla. Ed è una decisione che andrebbe presa a livello mondiale. Non accade perché nelle competizioni più importanti, come la Champions, gli arbitri internazionali sono i più bravi e quindi gli assistenti si limitano a un compito di sussistenza. In Italia invece non è così: ogni domenica ciascuno prende una decisione contraria alle precedenti e sono gli stessi uomini che lo fanno...".

Però va detto che sui diversi falli la chiarezza è ancora pochina...
Si devono dettare comportamenti precisi. Sui falli di mano, ad esempio, bisognerebbe fischiare il rigore solo quando il braccio va verso il pallone, indicando intenzionalità. Altre cose devono essere semplicemente decise dall'arbitro: vede, se Marinelli avesse dato il rigore in campo, perché era nella situazione migliore per decidere, non avrei detto nulla. Ma se la decisione arriva dopo il richiamo Var...".

Richiamo Var che alle nostre latitudini è una sentenza: su 10 passaggi al monitor, 9 volte l'arbitro cambia la propria decisione e dà ragione al Var...
"Per forza: proprio Marinelli, dopo aver espulso in diretta Baschirotto, venne richiamato al monitor di fatto con il suggerimento di cambiare idea. Lui riguardò l'azione e confermò il rosso. Sa cosa accadde? Venne fermato. Chi rischia più di prendere una decisione di campo, se poi finisce così? Hanno trovato il rifugio completo, ma sono spaesati quando una decisione è controversa. Invece, come accade in Europa, gli arbitri dovrebbero comportarsi così: vado al monitor e penso che la mia decisione sia giusta? La confermo. E' sbagliata? La cambio. Ma anche per questo ci vuole personalità. E indietro non si torna: pensi che qualcuno aveva anche pensato di eliminare gli assistenti (guardalinee, ndr) e di mettere camere su rotaie come nell'atletica...".