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Il gioco impostato dal ct azzurro inizia a intravedersi, ma quello caratteriale è un problema da non sottovalutare verso Euro 2024
di Max Cristina© Getty Images
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Cinque gol alla Macedonia del Nord per compiere la prima parte della propria missione chiamata Euro 2024 e al tempo stesso scacciare i brutti ricordi spalmati da Palermo a Skopje. L'Italia di Luciano Spalletti si è divertita e ha fatto divertire nel 5-2 dell'Olimpico, mostrando cose nuove ma anche vecchi difetti come nel blackout del secondo tempo che ha riaperto una contesa troppo presto data per finita. L'attenzione ora si sposta tutta su Leverkusen, casa in affitto dell'Ucraina da affrontare con due risultati a disposizione su tre. Non sempre un vantaggio nel recente passato azzurro a tutti i livelli. Ma cosa ci ha lasciato il 5-2 contro la Macedonia del Nord?
Chiesa al centro del villaggio - "Con Federico Chiesa guadagniamo tanto". Così alla vigilia si era espresso il ct Spalletti nel dichiarare la propria felicità nell'avere a disposizione l'esterno della Juventus, una stella in questa nazionale quando le condizioni fisiche glielo consentono. La controprova è arrivata subito sul campo con una prestazione da leader tecnico e tattico che ha spaccato in due la partita già nel primo tempo, nonostante le (tante) botte subite dai primi minuti.
"Gli strappi" sulla sinistra hanno fatto la differenza sia in profondità che con il movimento ad accentrarsi; "sa saltare l'avversario" e lo ha dimostrato contro il malcapitato - e adattato a destra - Manev; "sa fare gol" e la doppietta, soprattutto con il primo gol dal limite subito dopo il rigore sbagliato da Jorginho parla da sé.
Se le condizioni fisiche lo sosterranno è normale per Luciano Spalletti fare in modo di esaltare le caratteristiche tecniche di Chiesa, giocatore che già all'ultimo Europeo - quello chiuso in trionfo - ha dimostrato di poter fare la differenza su certi palcoscenici. La partenza sulla riga laterale gli regala quello spazio vitale per prendere fiducia e velocità puntando l'avversario sia a destra che a sinistra.
Tecnica e aggressività - Il 4-3-3 impostato dal ct è stato piuttosto camaleontico contro un avversario che, va detto, glielo ha permesso. La fase offensiva impostata a tre ha permesso di studiare movimenti e tagli simultanei, ma alla base di tutto il gioco della nuova Italia ci sono tecnica e aggressività. Tecnica per affidarsi indistintamente al palleggio breve o al cambio di gioco di 30-40 metri tra mezzali e attaccanti esterni, consegnando a questi ultimi la possibilità di puntare avversario e porta oppure triangolare nello stretto premiando gli inserimenti senza palla dei compagni.
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Aggressività nel recupero palla. Con una linea di pressing molto alta e guidata nei tempi da Jorginho, l'obiettivo della Nazionale di Spalletti è di asfissiare sul nascere il possesso avversario aggredendo il portatore di palla con più uomini. Una strategia da affinare, da calibrare ma che soprattutto nel primo tempo ha lasciato intravedere ottime prospettive.
Limiti caratteriali - Le note dell'Olimpico però non sono state tutte positive, orecchiabili, musicabili. Nella ripresa e con il risultato apparentemente in ghiaccio (sia sul 3-0 che sul 3-1) qualche limite caratteriale e di sacrificio è venuto a galla scatenando l'ira di Spalletti ancora più dei due gol presi.
Una corsa in meno per troppa sicurezza, un contrasto meno deciso per deconcentrazione hanno scoperto il fianco al momentaneo 2-3 della Macedonia del Nord con un vizio che contro nazionali più blasonate non è concepibile mantenere. Questa sarà la parte più dura del lavoro del nuovo ct.