Calcio ora per ora

Prandelli: "mi e' mancato respiro e ho capito che dovevo smettere"

"Sto bene. Avevo bisogno di staccare da quella vita frenetica, un po'

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"Sto bene. Avevo bisogno di staccare da quella vita frenetica, un po' schizofrenica. È stato un momento stregato: gli stadi vuoti, una sensazione di solitudine che mi avvolgeva. Era tutto vuoto, tutto rimbombava troppo. Dovevo mettere un muro tra me e quel silenzio. Ora sto molto bene, seguo sempre il calcio, con passione. Ma non ho pensato neanche per un secondo di tornare ad allenare. Basta, fine". Cosi' l'ex ct della Nazionale Cesare Prandelli, in un'intervista al Corriere della Sera. Il 13 marzo del 2021, due giorni dopo la sconfitta casalinga per 2-3 contro il Milan e con la sua Fiorentina al quattordicesimo posto in classifica, rassegno' le dimissioni per motivi personali annunciando il suo ritiro da allenatore: "Vorrei fare qualcosa ancora ma non l'allenatore - ha specificato - Mi sono reso conto che ero arrivato: generazioni diverse, gestioni diverse, programmi diversi. Ho avuto la sensazione che qualsiasi cosa proponessi ricevevo parole brutte e stavo sul cavolo a tutti. Sono fuori tempo massimo, probabilmente. Capita". Alla domanda di quando si e' reso conto che era arrivato il momento di dire basta, Prandelli ha ricordato: "Era durante un Sampdoria-Fiorentina, a febbraio del 2021, stavamo dominando la partita poi, verso il settantesimo, ha segnato Quagliarella per loro. In quel momento ho provato una spaventosa sensazione di vuoto. Mi e' mancato il respiro per dieci secondi. Credo di conoscere il sapore dell'adrenalina ma una esperienza cosi' non l'avevo mai provata. Un vuoto nero, un gorgo di nulla. Forse il troppo amore per la Fiorentina, il desiderio di strafare, di portarla fuori dai guai. Ho parlato con le persone che sanno gestire queste situazioni di stress e mi hanno consigliato di staccare un po'. Mi hanno fatto questo esempio: e' come un chirurgo che in sala operatoria interviene tutti i giorni ma arriva un familiare e lui si blocca. Il chirurgo non riuscira' piu' ad operare. Una sensazione cosi', di troppo affetto, di troppo amore, di troppa responsabilita' mi ha tolto il respiro. Era il segnale". "Mi sono ammalato di troppo amore, non e' retorica - ha sottolineato - In quegli stadi vuoti in cui ogni cosa era, insieme, amplificata e silenziosa, avevo perso il riscontro diretto con le cose, sembrava una bolla marziana. E poi io voglio troppo bene alla Fiorentina, non posso vederla soffrire e tantomeno sentirmi responsabile di questa sofferenza. Mi sentivo come quando vedi tuo figlio che sta tentando una cosa e vorresti farla tu ma non sei in grado, perche' non puoi farla. Questa e' la sensazione che ho avuto. Vuoto e impotenza". C'e' stato un altro momento nel quale Pandelli ha privilegiato la vita rispetto al calcio, ed e' stato quando e' morta sua moglie: "Mi sono sentito un privilegiato perche' ho potuto scegliere. Tante persone hanno vissuto il mio stesso dramma e non avevano la stessa possibilita', dovevano continuare a lavorare dalla mattina alla sera. Avevamo fatto un patto, con Manuela: se avesse dovuto fare altre cure, piu' invasive, non l'avrei lasciata da sola. Ho fatto una cosa normale, ma forse oggi la normalita' e' un'eccezione", ha concluso.

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