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AVVENTURA SOTTOZERO

Stefano e Dino: “A cinquantacinque sottozero occorre saper suonare lo spartito della sopravvivenza!"

Le prime settimane di viaggio in bicicletta attraverso la Siberia invernale tra problemi, incontri e freddo... ai confini della realtà.

di Stefano Gatti
28 Gen 2022 - 16:25

Prosegue il viaggio estremo di Stefano Gregoretti e Dino Lanzaretti in bicicletta attraverso la Siberia, iniziato nei primi giorni dell'anno.  Mentre pedalano - in autonomia - su strade ghiacciate ed a temperature che “viaggiano” tra i 50 e 60 gradi centigradi sottozero, da dietro le maschere incrostate di ghiaccio che celano espressioni e sentimenti i due raccolgono le impressioni della gente che vive (anzi, sopravvive) nei luoghi toccati dalla loro avventura. Sulle strade gli incontri non sono così frequenti. Stefano e Dino Sono gli unici a spostarsi in bicicletta. Per il resto… grossi camion e poco altro. Niente e nessuno pare muoversi nel gelo siberiano.

“Quanto impieghiamo per coprire la distanza di un chilometro? Dipende. Quando vedo pendenze del nove per cento so già che dovrò spingere la bici a mano. I chiodi mordono il ghiaccio e rallentano tutto, comincio ad aprire la giacca. Sentire perennemente freddo è buono, significa che non stai sudando, sarebbe letale. Mi verrebbe da alzarmi sui pedali come faccio a casa, toccare la soglia e sentire le gambe bruciare, ma non posso. Il respiro aumenta, non uso più solo il naso, il fiato caldo scioglie il ghiaccio nella maschera che comincia a bagnarmi la maglia intima. Non va bene! Finché tutto è congelato c’è equilibrio. Devi avere sempre freddo, è quello l’indicatore che non stai sudando. Se ti bagni di sudore la dispersione di calore è fuori controllo e l’ipotermia è dietro l’angolo. Trovare l’equilibrio nel disagio ripetuto, ancora e ancora. Basta illudersi che sia semplice”.

Sono queste considerazioni a colpire maggiormente nelle prime impressioni espresse... all'unisono dai “nostri”, impegnati nella loro avventura ai confini… del freddo, iniziata nei primi giorni dell'anno, ormai quasi un mese fa.  Sembrano quasi riflessioni ad alta voce, che ghiacciano immediatamente in una nuvola bianca, appena il fiato si libera nell’aria che punge e ferisce anche i pensieri. Mentre una pedalata segue l’altra, inesorabilmente: per non precipitare nell’incubo di ghiaccio. Difficile pensare a qualcosa che non sia la sopravvivenza, appunto. Anche se Stefano e Dino non vogliono perdere di vista la loro missione: sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi connessi al cambiamento climatico che - proprio nei luoghi da loro attraversati - sembrano non esistere… e comunque restano estranei ad un vivere quotidiano che fa i conti con altre priorità, altre urgenze. Forse è proprio per questo che è così importante essere qui, lanciare da qui una denuncia che prenda subito la consistenza di una nuvola di ghiaccio in sospensione nell’aria gelata, e non si disperda nel nulla.

“Qui le persone non appaiono molto interessate al problema della crisi climatica, sono impegnate a sopravvivere. Durante i primi giorni di pedalata siamo stati accolti da alcuni allevatori di renne ed abbiamo osservato che dentro le case le stufe continuano a essere a carbone. Non ci sono forme di attenzione verso le emissioni”. 

Il nome dato da Stefano e Dino alla loro avventura - Siberia 105° - fa in modo molto efficace  esenza tanti giri di parole riferimento all'escursione termica (oltre cento gradi centigradi appunto) che si registra tra estate ed inverno nelle regioni attraversate, responsabile di danni irreversibili all'ecosistema. Un macrotema (anzi, globale) che sta alla base di un viaggio-denuncia che oltretutto - visto il contesto - deve fare i conti con piccoli... grandi problemi quotidiani. Nei primi giorni sui pedali, Gregoretti e Lanzaretti si sono trovati ad affrontare diversi problemi tecnici legati alle basse temperature. Il grasso dei cuscinetti a sfere della bici di Dino per esempio si è congelato, impedendo la pedalata.

“Abbiamo dovuto fare un importante lavoro di pulizia rimuovendo grasso e olio da ogni componente delle biciclette per poter proseguire. Un problema simile lo abbiamo avuto con i carrelli porta-materiale attaccati alle bici ma in questo caso -non avendo accesso ai cuscinetti . siamo stati costretti a lasciarli in un villaggio caricando tutto sulle bici! Abbiamo dovuto rinunciare a molto materiale. Volendo fare un paragone con il mondo dell'alta quota, ci muoviamo quasi in stile alpino (leggero, ndr)”.

Gregoretti e Lanzaretti viaggiano ad una velocità media di otto-dieci chilometri orari pedalando su bici che - a pieno carico - raggiungono i 50 chili di peso ciascuna. Il tutto muovendosi a temperature comprese tra -50 e -60 gradi Celsius. L’ammontare dei chilometri percorsi varia di giornata in giornata, ma in generale il tempo trascorso in movimento varia tra le sei e le sette ore.

“Un piccolo problema che obbliga ad una sosta, a 55 sottozero può volgere in dramma in pochissimi minuti. Occorre saper suonare lo spartito della sopravvivenza, saperne leggere le note, ed avere strumenti ed "orchestranti" in grado di creare quella sinfonia che è la base per vivere”

Così Stefano e Dino descrivono “romanticamente” le condizioni in cui stanno vivendo questa esperienza. La notte si accampano nella tenda che si portano dietro, scaldandone l’interno grazie a una piccola stufa in titanio del peso di un chilogrammo e mezzo e che - a regime - garantisce una temperatura interna di 38 gradi sottozero: un bel… passo avanti, rispetto ai -50 dell’ambiente esterno che immancabilmente li attende al varco appena al di là del sottile telo della tenda! Per i due non è solo un mezzo con cui scaldarsi:

“Ci serve per sciogliere la neve con la quale ci reidratiamo e reidratiamo i nostri pasti. Semplicemente perché altri fornelli moderni non funzionano, in quanto la benzina congela a -48 gradi ed il propano… molto ma molto prima!”

Non ci resta che lasciare Gregoretti e Lanzaretti alla loro avventura di ghiaccio, in attesa del prossimo report dalla Siberia e poi dell'esito  del viaggio e soprattutto del suo bilancio finale: dal punto di vista della performance e da quello delle sue motivazioni più profonde.

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