Quando si parla di Olimpiadi, a Iman Mahdavi iniziano a brillare gli occhi perché il primo pensiero va alla mamma e ai fratelli rimasti in Iran, il paese che è stato costretto a lasciare per amore della libertà e della possibilità di esprimersi pienamente. Non è stata una scelta facile, ogni giorno la sua mente va alla sua terra d'origine, ai parenti che ha dovuto lasciare in fretta e furia senza sapere se potrà mai rivederli, consapevole che in Italia ha trovato però una nuova famiglia grazie alla lotta libera, la disciplina che lo vedrà protagonista a Parigi con la casacca della squadra olimpica dei rifugiati.
Grazie al contributo dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), Iman potrà esprimere la sua più grande passione, quello sport che lo ha portato a solcare i tappetini europei e mondiali, ma soprattutto a conoscere il Lotta Club Seggiano guidato dal presidente Giuseppe Gammarota che, come un figlio, lo ha preso sotto la sua ala protettiva e ha regalato una nuova opportunità a chi cercava soltanto un po' di pace e tranquillità.
"Sono felice di poter realizzare il mio sogno sportivo. Con questa partecipazione spero di ottenere il miglior risultato possibile in una competizione che racchiude la solidarietà fra i popoli e l'unione fra quelli che per me non sono semplicemente avversari, ma piuttosto amici provenienti da tutto il mondo - spiega Mahdavi -. Il mio desiderio sarebbe quello di vincere un giorno l'oro, tuttavia quello che penso ogni giorno è poter rivedere mia madre e i miei fratelli".
"Ho lasciato l'Iran a piedi e mi sono indirizzato verso il confine con la Turchia dove sono rimasto alcuni giorni prima di trovare la giusta occasione e volare verso un paese libero. Sinceramente non sapevo dove sarei andato e quando mi sono sbarcato a Milano ero abbastanza confuso, anche perché ero in possesso di documenti in farsi che le autorità di frontiera hanno fatto fatica a comprendere - racconta Mahdavi -. A quel punto è scattata la procedura per il riconoscimento di status di rifugiato politico che mi ha portato ad alloggiare a Gallarate, anche se non avevo né soldi né un lavoro. Ho cercato su Instagram un centro che si occupasse in zona di lotta libera e ho trovato Edoardo Bigliani con cui mi sono messo subito in contatto. Mi sono incontrato con lui a Milano e, grazie al suo aiuto, ho scoperto il Lotta Club Seggiano".
Come raccontato dal numero 1 della società Giuseppe Gammarota, quando Iman è arrivato a Pioltello non era in possesso nè dell'abbigliamento necessario per allenarsi, tanto meno di un lavoro con cui sostenersi. Senza nemmeno attendere di vederlo alla prova, il primo pensiero è stato quello di tranquillizzare Mahdavi e spiegargli come non fosse necessario dimostrare nulla, ma come piuttosto il primo obiettivo fosse quello di riprendersi e pensare soprattutto a sè stesso.
"All'inizio gli allenatori mi ripetevano 'Iman, stai calmo. Non pensarci. Una cosa alla volta' con lo scopo di farmi sentire a mio agio e cancellare quei timori che mi portavo dal lungo viaggio che avevo appena trascorso. Nonostante non avessi scarpini e tutina, loro mi hanno fornito subito tutto e in allenamento ho immediatamente dimostrato di essere un atleta di alto livello tanto da meritarmi poi la partecipazione agli Europei e ai Mondiali".
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