La lunga solitudine di Lionello Manfredonia

L'odio è materiale infiammabile e Manfredonia se l'è ritrovato come fosse una banlieu di rabbia e disperazione, un saccheggio della sua esistenza, un incendio visto da vicino fino al gelo di quel pomeriggio di dicembre

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Manca un solo giorno alla fine dell’anno, a Natale il dittatore rumeno Ceausescu e sua moglie Elena sono stati fucilati dal capitano Ionel Boeru, dal sergente Dorin Marian Cârlan e dal sergente maggiore Octavian Gheorghiu; mancano poche ore per la fine degli anni Ottanta, Raf canta la canzone diventata poi sintesi e lapide di un decennio narcisista e terminale; i mattoni del muro di Berlino fanno ancora rumore quando a dicembre va in onda la prima puntata dei Simpson. Manca un solo giorno per chiudere con tante cose, le voci di Gorbačëv e di papa Giovanni Paolo II sono coperte dalla ripetizione continua di “Girl you know it’s … Girl you know it’s … Girl you know it’s … Girl you know it’s…” dei Milli Vanilli sul palco degli MTV live, il disco in vinile nascosto dietro le quinte si è incagliato, sul palco Rob Pilatus e Fab Morvan scappano da quel playback che ha rivelato la truffa: non cantano loro.

A Bologna quel 30 dicembre 1989 fa molto freddo, cinque gradi sotto zero, si ghiaccia dentro e fuori, è un tempo che pare soffiare rabbioso dalla carcassa gelida dei paesi sempre meno sovietici – Lionello Manfredonia crolla nella sua area di rigore all’improvviso, dopo aver inseguito Bruno Giordano sulla linea del fallo laterale cade in avanti; corsa dei medici, disperazione dei calciatori in campo, nel corpo in bilico di Manfredonia il dolore di un figlio che da poco ha perso la madre; steso sul prato con il cuore che si ferma più volte per fibrillazione ventricolare mentre il dottor Alicicco e il massaggiatore Rossi lo riprendono dalla morte; in ambulanza, mentre la partita continua per poi finire in pareggio, il cuore si ferma di nuovo, lo salva il dottor Naccarella usando il defibrillatore.

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