Igor Netto, homo sovieticus

Uno dei giocatori più forti dell'Unione Sovietica, rifiutò il Real per restare in patria

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Il treno fermo nella stazione, linea Vladivostok – Mosca, un uomo guarda fuori dal finestrino in silenzio mentre c’è rumore di festa e di vodka attorno a lui e sulla banchina, dove la folla grida ed esulta; in lontananza gli pare di vedere suo padre Alexander che fa da scorta a Lenin, è infatti stato uno dei Latviešu strēlnieki (Fucilieri Lettoni), stanno recandosi a Mosca per trasferirvi l’esecutivo del governo sovietico.

L’uomo che guarda si chiama Igor Netto, gli hanno comunicato che il padre è morto e lui, per non rovinare la gioia ai suoi compagni per aver vinto le Olimpiadi di calcio 1956, resta seduto senza parlare. Che cosa strana conoscere la morte in una stazione sperduta della Russia, proprio come Tolstoj che si spense nella minuscola Astapovo mentre la moglie rimaneva fuori, seduta, in attesa di (non) essere ricevuta. Di morti in Russia ne rimanevano solo due, Lenin e Stalin, in forma di mummie (la salma del georgiano venne sepolta nel 1961) anche se si sussurrava a bassa voce tra la gente la triste posizione di Majakovskij.

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