Alla vigilia delle qualificazioni ai Mondiali del 2022 in Norvegia si sta parlando molto di un possibile boicottaggio. Ma senza testimonial importanti, avrebbe senso un gesto simile?
La Norvegia è stata uno dei paesi ad aver boicottato le Olimpiadi di Mosca del 1980 per protesta contro l’invasione sovietica dell’Afghanistan. Difficile prevedere se oltre quarant’anni dopo riusciranno a fare lo stesso anche con i Mondiali in Qatar, dopo la richiesta ufficiale avanzata da alcuni club della Eliteserien alla propria Federcalcio di boicottare la Coppa del Mondo 2022. Un’iniziativa che ha generato dibattiti non solo in Norvegia ma anche in altri paesi del Nord Europa, mentre ad altre latitudini (Italia compresa) ci si è limitati a dare la notizia nuda e cruda, probabilmente dimenticata trenta secondi dopo averla letta. Tutto è nato da un reportage pubblicato dal Guardian dal quale emergeva che, dall’assegnazione dei Mondiali al Qatar, circa 6.500 operai sono morti sul lavoro, nelle costruzione di stadi o di altre infrastrutture funzionali alla kermesse, oppure a causa delle pessime condizioni nelle quali erano costretti a vivere.
Persone come Mohammad Shahid Miah, originario del Bangladesh, rimasto fulminato nel suo alloggio dopo che era piovuta dell’acqua attraverso il soffitto entrando in contatto con dei cavi scoperti. Una media di dodici morti alla settimana nell’ultimo decennio, la stragrande maggioranza dei quali migranti provenienti da India, Bangladesh, Nepal e Sri Lanka. Numeri rimbalzati fino al Circolo Polare Artico, dove il Tromsø ha deciso di formalizzare la richiesta di boicottare Qatar 2022 alla NFF (Norges Fotballforbund), raccogliendo l’adesione di altre squadre del paese: Odd Grenland, Viking, Brann, Strømsgodset e Rosenborg.