Milan, tra panca e realtà

Almeno 10 i nomi in lista per sostituire Gattuso, ma serve un progetto

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Arduo esercizio radunare le idee e ragionare di Milan con ancora fissata nel cervello la punizione del 3-0 di Messi contro il Liverpool, che è una roba tipo l'affresco michelangiolesco della Cappella Sistina. Capolavori del genere, a Milanello, mancano da un pezzo, mancano come pompe di benzina a Bakayoko, che adesso vivrà insieme a tutti gli altri cinque giorni assolutamente stanziali in cui difficilmente si farà strada nelle svolazzanti menti del gruppo rossonero uno o più pensieri sul nuovo allenatore. Su questo tema, altro che riserva, la stampa ha fatto il pieno: personalmente ho contato dieci candidati già indicati dai media mainstream (Gasperini, Conte, Di Francesco, Sarri, Giampaolo, Pochettino, Allegri, Rudi Garcia, Jardim, Van Bommel), ma sicuro mi è sfuggito qualcuno.

Si spara nel mucchio con o senza veri rumours, vere informazioni a disposizione, ma soprattutto a volte senza applicare almeno il filtro della logica alle chiacchiere. Di base, si può fare tutto: poi c'è la pratica e c'è l'oggettività di alcuni fatti, primi tra tutti quelli economici, i bilanci che specie in assenza di una qualificazione alla Champions League saranno delicatissimi e produrranno un mercato tipo slalom speciale, vale a dire tra pali molto stretti. Per prendere un allenatore non devi spendere soldi di cartellino, ok, ma sì di ingaggio (in genere pluriennale) per lui e lo staff. E inoltre, più di un mister, specie quelli della categoria top, costa indirettamente per le personali esigenze, le richieste che possono essere messe come condizione per accettare la responsabilità tecnica. Nel caso specifico del Milan, poi, alla primaria questione quattrini, si affianca proprio quella della progettualità, della reale volontà (che andrebbe accompagnata dalla capacità) di schiacciare con decisione control-alt-canc e resettare gli errori, le improvvisazioni, le deleterie frenesie che hanno fabbricato la macchina mangiapanchina degli ultimi sei anni: si sa, decidono i risultati e i risultati sono sempre un'incognita, ma il primo, fondamentale punto nella scelta del nuovo nocchiero di Milanello deve essere l'avvio di un lavoro pluriennale, un tempo che consenta una continuità tecnica, correzioni e migliorie da costruire su una base però esistente e solida, su conferme vere, condivise e non fasulle come sono state quelle delle ultime due estati (Montella, inviso a Mirabelli e Gattuso, inviso a Leonardo).

Da questo iniziale snodo, verrebbe naturale pensare all'idea di calcio che si vorrebbe applicare a un gruppo che certamente subirà una politica di tagli, sacrifici anche importanti e corrispondenti innesti di giocatori giovani per quanto - ci si augura - validi. Un panorama, insomma, che fa presumere un grande, grandissimo lavoro sul campo sia a livello tecnico-tattico che di testa, di maturità e personalità da acquisire in tempi brevi: e anche la testa di “Mister X” dovrà essere molto, molto forte, credibilità e carisma per reggere alle pressioni di una piazza che non ha più tempo, e ribolle, perché non ne può più di mezzi Milan. E a ragione. Stilate queste regole d'ingaggio, viene da indicare in Conte e Sarri le scelte perfette, ma anche a prescindere dall'eventuale super-investimento su di loro, restano difficilmente raggiungibili. Allora, ecco Gasperini - con la fortissima incognita del carattere assai fumantino e ipersensibile alle critiche - e attenzione, popolo milanista, a mostrare il pollice verso a Di Francesco in nome di pregiudizi dettati da frasi vecchie, superate, antipatiche finché si vuole, ma all'epoca anche piuttosto giustificate: e gli anni seguenti - ahinoi - lo hanno dimostrato proprio a partire dalla gestione degli allenatori. Vedremo tra poche settimane, per il momento si rimane sospesi tra panca e realtà, quella che salvo improbabili e graditissimi colpi di scena, lascerà senza il carburante Champions il primo Milan americano. Vedi che succede, a far finta di non vedere accesa la spia della riserva?