OGGI CON SARONNI

Milan, quel paragone che non si può sentire

Come si fa, carissimo Sacchi, a pensare a Giampaolo come a una propria riedizione?

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A meno di vedere comparire improvvisamente in quel di Marassi una riedizione del Brasile 1970, la pausa del campionato consegnerà al Milan e ai suoi smarriti tifosi il cambio in panchina. Control-Alt-Canc, si prova a ripartire, vedremo con chi, vedremo come. Vedremo cosa può realmente cambiare in una situazione tanto disastrata. Nella pioggia delle incognite, avremo almeno una certezza, o perlomeno un auspicio: non sentire più addetti ai lavori e soprattutto il diretto interessato sentire evocare pazienza in nome del “precedente” della situazione di Arrigo Sacchi in avvio della sua prima stagione, 1987/88, che portò lo scudetto e segnò l'inizio di un ciclo irripetibile, il più fulgido di 120 anni di cammino rossonero.  

È una cosa che non si può sentire, tutta basata sulle voci di esonero che girarono intorno al Vate di Fusignano dopo il rovescio in Coppa Uefa con l'Espanyol (2-0) che portò a un livello di allarme i dubbi e in qualche caso le tensioni che parte dello spogliatoio nutrivano nei confronti di quel tecnico dai metodi e dalle idee così intransigenti. Ora, Paolo Maldini c'era, in quello spogliatoio, in quella squadra. Come si fa a paragonare quegli uomini e quei giocatori a questi, come si fa a paragonare una proprietà come quella del primo Silvio Berlusconi a questa, come si fa, carissimo Arrigo, a pensare a Giampaolo come a una propria riedizione?

Quel Milan fortissimo incontrò difficoltà a imparare lo spartito (tipica metafora sacchiana), prese degli inciampi eclatanti quale la sconfitta interna alla prima a San Siro, 2-0 dalla Fiorentina, Diaz e Baggio che si trovarono 30 metri di campo deserti per andare in porta. Ma appunto, andò incontro a quelle cadute perché cercò fin dalla prima partita l'idea di calcio che, una volta fiorita, lo spedì in cima al mondo: Berlusconi, Galliani e qualche giocatore l'avevano capito, avevano già intravisto. Tirarono dritto, ebbero straragione. Qui la cosa che più sconcerta è l’assenza dopo tre mesi pieni di lavoro di qualunque identità, tattica, tecnica, caratteriale. La svolta di quel grande Diavolo, racconta la storia, fu il match di Verona, risolto da un gol del magnifico Pietro Paolo Virdis: e secondo qualcuno, Genova domani ha lo stesso significato. Tra l’Espanyol e il Bentegodi, Silvio Berlusconi riunì squadra e tecnico e disse con tutta la sua autorevolezza che Sacchi sarebbe rimasto anche l'anno seguente, destino invece per nulla certo per i giocatori, a dispetto dei curriculum e dei contratti sontuosi.

Il sorriso amaro scatta automaticamente pensando a un remake odierno: Singer senior (in tutt’altre faccende affaccendato) che arringa i Simple Minds che compongono il gruppo attuale e qualcuno di essi che alla minaccia di un divorzio, di un allontanamento pensa che, beh, vista la situazione generale del Milan trattasi pure di una buona notizia. Lasciamo stare il passato, per favore, nel disagio di questo tristissimo e ormai lungo periodo di gramaglie c'è anche la necessità, per fare sopravvivere la passione, di continuare a tenere il collo girato all'indietro. Meglio affrontare il presente, alla ricerca di una via d'uscita che, qualsiasi siano i prossimi eventi, si troverà forse solo con una nuova, vera, forte, distinguibile proprietà. Soluzione che non è dietro l'angolo. Amen.

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