OGGI CON BALZANO PROTA

Fragilità, osare, Hakan: considerazioni sulla prima di Pioli

Un Milan bello a tratti quanto fragile, guidato da un protagonista inatteso: Hakan Calhanoglu. Pioli osa, cambia il Milan e i risultati si vedono a metà. La squadra deve convincersi delle sue qualità

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Aiuto. Scrivere questo editoriale dopo le partite di Champions è compito assai arduo, ma che riempie la penna del sottoscritto di malinconia. Quell'Europa da sempre casa del Milan, che ora vede ospita lo spettacolo offerto da altri club, tra cui l'incantevole City di Pep Guardiola che rifila in scioltezza 5 schiaffoni all'Atalanta, la terza forza della Serie A al momento. City a parte, che non fa altro che ricordaci quanti step ci siano da percorrere per tornare a certi livelli, il primo Milan di Pioli lascia giù subito due punti preziosissimi in casa contro un Lecce tutt'altro che imbattibile. Eppure ne sono uscito con alcune convinzioni.

FRAGILITÁ MENTALE
 Questa è una squadra - non so se per età o proprio per caratteristiche - estremamente fragile a livello mentale. Lo si è visto chiaramente nella seconda frazione di gioco, quando alle prime difficoltà i rossoneri sono andati in apnea. Palloni allontanati un po' a casaccio, uscite palla al piede sbagliate e dallo stadio si percepiva la sensazione che si potesse combinare un pasticcio da un momento all'altro. Una strana perdita di lucidità sul quale Pioli dovrà lavorare, lavorare e lavorare. La testa di questa squadra ormai fa il bello e il cattivo tempo: è quella che nei primi 45' ti consente di provare la giocata senza paura quando le cose riescono facili e appena tutto si fa più complicato porta a sciogliersi come neve al sole. La stessa testa che quando dice bene ad Hakan lo rende un giocatore splendido come quello ammirato domenica sera. Eppure ricordo le reazioni scomposte di moltissimi tifosi alla scelta di schierare Calhanoglu dal 1', da chi inveiva parlando di incompetenza fino a chi arrivava a invocare la malafede. La testa di Calha gli ha detto bene e il turco ha incantato San Siro dal primo pallone con cui ha messo Rafael Leao solo davanti al portiere fino allo splendido goal e alla giocata pazzesca per la rete di Piatek. Certo una rondine non fa primavera, ma è la dimostrazione che questo gruppo deve scrollarsi di dosso l'ansia da prestazione e finalmente messo davanti alle proprie responsabilità deve dimostrare di valere questa maglia.

OSARE SUBITO
Nonostante in molti abbiano definito Pioli un normalizzatore, sono rimasto sorpreso dalle scelte viste contro il Lecce. Se a primo impatto sembrava la classica formazione di stampo Gattusiano, dopo pochi minuti di match si è visto che c'erano subito delle novità. Da Kessie in copertura sul lato di Theo Hernandez e al fianco di Biglia in regia a Paquetà più libero di salire tra le linee, da Hakan in posizione quasi di trequartista ad un Rafael Leao sì unica punta ma con licenza di svariare. Pioli ha voluto dare subito una sua impronta e in parte ci è riuscito, il primo tempo è stato sicuramente il migliore di questo campionato seppur contro un modesto Lecce ha regalato inspiegabilmente uscite sempre libere su Theo Hernandez e tanto, tantissimo spazio tra le linee ad Hakan e Paquetà. Vedremo se a Roma Pioli ripartirà da quanto visto in parte con i pugliesi, sicuramente sgomiterà Piatek che appena entrato è tornato a segnare su azione anche senza brillare.

I PROBLEMI DA SISTEMARE
Oltre al sovracitato problema di fragilità di testa di questa squadra, c'è da ritrovare la brillantezza e la capacità di concentrazione per l'intero match, perchè se è vero che la rete a tempo ormai scaduto di Calderoni è il classico tiro della domenica, lo è anche che il Milan non può commettere errori pacchiani in nemmeno 60 secondi. Da Theo che si fa tagliare fuori, alla svogliatezza di Suso sia nell'appoggio di palla che nel linguaggio del corpo quando passeggia senza rientrare in chiusura o ancora della leggerezza di Lucas Biglia (che a contrario di quanto detto da molti, a mio parere ha fatto una buona partita) in disimpegno. Il Milan deve crescere tanto, tantissimo sotto questo punto di vista. Altro problema ( uno dei, non il) al momento è quello di Suso: lo spagnolo non sta rendendo, spesso indolente ma soprattutto poco concreto (anche se si dimentica facilmente il filtrante con cui ha messo Leao solo davanti al portiere), in un'involuzione continua e soprattutto tende a nascondersi e non essere più al centro dell'azione. I tifosi ormai su di lui hanno sentenziato, la sopportazione è arrivata ai minimi termini anche se - nonostante si parli di esclusione e non si capisce come lo si sia dedotto, visto i giorni di scarico e di riposo - la sensazione è che Pioli prima di escluderlo ci pensi mille volte. Precisazione per molti: non confondete queste righe come una difesa d'ufficio di Suso, per buona pace di molti posso affermare con serenità che non è così. Credo come detto tante volte che in questa situazione sia poco utile e che vada trovata una soluzione perché si sta creando un clima che difficilmente può portare qualcosa di buono. Non credo però che lo spagnolo sia quel giocatore di basso livello che tutti dipingono, certo non è un leader ne un fenomeno, spesso limitante ma ha buone qualità che al momento non sta mettendo in mostra, ma perché prendersela con lui? Mi spiego meglio: valanghe di tifosi mi chiedono, ma perché gioca e non lo toglie? Quindi, a logica, il tifoso dovrebbe avercela con l'allenatore. E invece no. Quando si fa presente che ha giocato sempre anche con Giampaolo e Gattuso, mi sottolineano che "infatti sono andati via" ed è vero, quindi seconda questa logica bisognerebbe prendersela con chi sceglie l'allenatore. E via dicendo. Addirittura ho letto di pseudo pressioni del procuratore di Suso, ma siamo seri? lo stesso agente che poi ha accettato che un suo assistito al Milan lo scorso anno facesse panchina o tribuna senza mai vedere il campo? Per favore. Insomma, il punto è che non sono per nulla un difensore di Suso, ma non credo sia il motivo per cui il Milan non stia portando a casa i risultati. Tutto qui. Poi concepisco il calcio diversamente dagli hashtag con #Out, dai carri, dalle etichette, dai processi sommari, dai capri espiatori. Amo discutere, analizzare, approfondire, perdere anche ore e ore per cercare di capire quali movimenti son stati studiati, quali preparati, perché han funzionato o meno. Non dico sia giusta la mia maniera, tutt'altro. Ma è semplicemente la mia. Non devo convincere nessuno, gli unici a doversi convincere sono i ragazzi che indossano la maglia rossonera: le qualità le hanno, è tutto nelle loro mani. Ora i riflettori sono solo su di loro, senza più scuse o alibi.

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