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Uruguay, la terra del pallone

Uscire dall'anonimato geografico tramite il calcio

21 Ott 2020 - 08:09

Se è vero che gli Inglesi hanno inventato il football, i Francesi organizzato, gli Italiani insegnato ed i Brasiliani ballato, la storia di quello che fu il “meraviglioso gioco” ne testimonia la predilezione per l’Uruguay ed i suoi figli. Risulta quindi doveroso un approfondimento che si potrebbe definire di “antropologia calcistica”, magari esagerando un po’, nel tentativo di indagare l’essenza del futbol celeste, che risale proprio ai caratteri delle popolazioni che vivevano in tale territorio sin dalla notte dei tempi.

Il terreno è arato e reso fertile. Il germe è curato da un suddito dell’Impero britannico, come nella maggior parte degli incipit delle vicende calcistiche. In questo caso si tratta di William Poole, giunto attorno al 1890 a Montevideo, dove insegna presso il locale liceo inglese. Dopo i pregiudizi iniziali nei confronti di un passatempo considerato appannaggio di “inglesi pazzi”, il calcio diviene l’espressione di un paese tanto giovane, quanto avanguardista nell’ambito sociale.

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