CONTRASTI

Il Dio che non c'è

Giancarlo Dotto ci ricorda che siamo un esercito di mitomani

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La vita salpa dal dilemma. Se lo porta dentro. È il tarlo della navigazione. Lo scruta a targhe alterne. I dilemmi di ieri sono nei faldoni dei palazzi slabbrati o nella gipsoteca senza via e civico. Il dilemma d’oggi è uno solo: sono Asino o Assassino? Il “Dio che non c’è” di Giancarlo Dotto (GOG edizioni, 2021) cerca di traghettare il lettore verso una risposta. Dicotomia che non ammette labili polarizzazioni e che parte da un assunto fondamentale: siamo tutti mitomani. A confessarcelo è un giornalista, scrittore e autore teatrale di quelli che ne avremmo ancora bisogno. Esegeta del far west televisivo, demiurgo della parola disintegrata. Gli elogi a uomini mai banali come Sacchi, Herrera, Maurizio Costanzo, Zidane.

Il racconto di un amore vituperato, incline all’assuefazione, morboso, tronfio di una sessualità talvolta esasperata, su La Stampa, Il Messaggero, Il Foglio, Gioia, Panorama, Diva & Donna, Max, Sette e L’Espresso. Faccia da vitellone felliniano sull’ex tubo catodico – di quelle da voler prendere a schiaffi per la truce schiettezza del pensiero – a Controcampo, Verissimo, Buona Domenica, Matrix, Tiki Taka, La Domenica Sportiva, Atlantide, Otto e mezzo, Omnibus. Ma tutto questo importa poco.

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