CONTRASTI

I campionati non valgono più nulla

Ormai, per le grandi squadre, è solo la Champions il metro della stagione

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“Apocalisse”, titolava il Corriere dello Sport il 17 aprile 2019, il giorno dopo l’eliminazione della Juventus per mano dell’Ajax, nei quarti di finale di Champions League. Analogamente, poco più di un mese prima, sulla prima pagina dell’Équipe era apparso un amaro “Ancora peggio”, in riferimento alla sconfitta del Paris Saint-Germain contro il Manchester United. Lo scorso 30 maggio, invece, il taglio medio della Gazzetta recitava “Festa Chelsea, delusione Pep”, in riferimento alla partita che ha incoronato i Blues campioni d’Europa. A volte basta il titolo di un giornale per avere degli spunti di discussione. E così guardiamo quasi con nostalgia al periodo in cui, non avendo vissuto pandemie, sembrava meno strano invocare l’apocalisse per una sconfitta di una squadra di calcio.

Eppure strano lo era già allora, soprattutto perché si parlava della fase finale della massima competizione per club del mondo: per dare una dimensione più precisa alla cosa, l’accesso alla doppia sfida contro l’Ajax nel 2019 ha portato in dote alla Juventus un bonus da 10,5 milioni di euro – soldi che oggi farebbero comodo. Tuttavia, la questione principale che emerge (anche) da quei titoli non riguarda il linguaggio, o meglio, non solo. Perché dietro questa esasperatissima “delusione” delle squadre eliminate dalla Champions si nasconde una problematica più profonda, legata alle semplificazioni tramite cui i media di massa parlano di calcio.

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