Nel 1919 a Castellania, piccolo borgo alle porte di Tortona, la campagna richiama fatica e sofferenza. Sgorga lacrime e sudore che sanno di sangue, quello versato quando lo straniero varcò il confine e seminò il terrore. La Grande Guerra è alle spalle e sui reduci del conflitto regna il sorriso amaro del soldato vincitore. Domenico Coppi porta sul corpo i segni di quella follia. Zoppo da una gamba, il fegato devastato dai superalcolici ingeriti tutti di un sorso prima degli assalti. Un volto scavato dalle fatiche della campagna e dalla vita in trincea. Dopo le armi, la vita di Domenico, figlio di Angelo e fratello di Fausto, riparte dalla stessa terra che lo ha allevato.
I segni del massacro diventano eredità per Fausto Angelo, che riprende i nomi del nonno e dello zio, suoi padrini di battesimo. Alto, ricurvo, affetto da rachitismo. Esile, naso aquilino e gote incavate in un volto che incarna un perenne turbamento. Un corpo fragile a guardarsi ma straordinariamente unico. La madre di Faustìn, Angelina Bovari, sposò Domenico quando era ancora fanciulla. Ha le spalle larghe e un aspetto virile; una corporatura plasmata dalle fatiche della terra. Figlia di un modesto proprietario terriero, Angelina è la nipote del parroco del paese che vede in Fausto Angelo un destino da sacerdote, segnato dalla fede.
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