Fabian O'Neill, un altro bicchiere grazie

Brindiamo ai 48 anni (e al talento perduto)

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Contrariamente a quanto avviene durante la guerra delle Falkand, anche i britannici in principio vengono attratti dai nuovi territori del Rio de la Plata. Solo per fare un esempio, la famiglia Brown consegna al Sud America due dei suoi più autorevoli generali; il primo, in divisa, a guida gloriosa dell’armata argentina, è l’ammiraglio Guillermo Brown. Il secondo invece indossa la maglia albiceleste, e un gol a Messico ’86 lo consacra in eterno come simbolo di quella nazionale vittoriosa: è il Tata, di recente scomparso.

Come spesso accade in questo lembo di Terra, la tratta da Buenos Aires a Montevideo viene percorsa congiuntamente alle mandrie di bovini, fiorente attività per chi arriva dall’Europa. Per questa ragione, tra le altre, gli irlandesi O’Neill si stabiliscono nella cittadina uruguaiana di Paso de los Toros.

È tra recinzioni e vie sterrate che vede la luce, il 14 ottobre del 1973, Fabian O’Neill. Il calcio sudamericano dona al calcio un album di rimpianti divenuti oramai ripetitivi, delle cui vicissitudini sono già stati versati fiumi d’inchiostro. La vita di Fabian O’Neill, però, è differente, e merita di essere ricordata ancora una volta.

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