La nostalgia, quando si trasforma in nostalgismo, è soltanto un rifugio per chi semplifica il presente e si consola con un presunto passato migliore, età dell’oro ormai perduta. La nostalgia così intesa è un gioco sciocco che non permette di progredire nella conoscenza di un fenomeno, ma che si accontenta di scalfirne appena la superficie. Vale in tutti i campi: dalla politica, alla società, ai costumi, al calcio. È giaciglio rassicurante ma non aggiunge nulla al dibattito, semmai appiattisce le complessità. Sterilizza. Ma la nostalgia in sé caratterizza l’essere umano. Vocabolario alla mano, nostalgia è uno stato d’animo causato dal desiderio di una persona lontana (o non più in vita) o di una cosa non più posseduta, dal rimpianto di condizioni ormai passate, dall’aspirazione a uno stato diverso dall’attuale che si configura comunque lontano: n. degli amici, dell’affetto materno; n. della giovinezza lontana; n. dei tempi passati. Ben diversa faccenda quindi di quel fenomeno che, ahinoi, conosciamo fin troppo bene in ambito calcistico.
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