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Che fine ha fatto l'Inghilterra

Una nazionale che sembra aver perso la sua anima

29 Giu 2021 - 07:49

Dieci anni fa il saggio “Chav – The Demonization of the Working Class”, scritto dall’opinionista politico Owen Jones, diventava un testo di culto in Regno Unito grazie a una critica pungente alla demonizzazione della classe operaia bianca inglese – i chav, i nostri tamarri, per l’appunto – ed una copertina minimalista in cui un cappellino Burberry campeggiava su uno sfondo di un rosso intenso, quasi sangue.

Oggi, se il concetto di chav è entrato a far parte della pop culture inglese – oggettificato e gentrificato dall’industria della moda – a continuare ad essere demonizzato dalla cultura ufficiale è un certo approccio alla vita proprio dell’Inghilterra popolare, quello delle bandiere di San Giorgio e dei pub che si ostinano a servire ales e non prosecco. Così in una nazione in cui il concetto di patria è sempre più una red flag, la nazionale di calcio arranca, figlia (o vittima?) di una nuova forma mentis occidentale e di un calcio globalizzato che demonizza l’attaccamento alla maglia come essenza dello sport.

L’Inghilterra è lenta, impacciata, non priva di idee ma insofferente nel metterle in atto. Dopotutto, qual è il premio partita? Quale la visibilità? Stolto chi pensava che bastasse sostituire la storica Umbro con una più cosmopolita e hip Nike per stuzzicare i giovani inglesi a sentirsi degli Stormzy del pallone.

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