PAROLE DA LEADER

Milan, Ibrahimovic: "Qui mi sento a casa. La Champions? Servono talento e sacrificio" 

Lo svedese a ruota libera: "A Milanello mi sento a casa. Mi hanno detto: indica la strada e noi ti seguiamo"

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Zlatan è tornato, sì, ma è un uomo diverso. Lo racconta lui stesso in una lunga intervista rilasciata a Massimo Ambrosini per Sky. "Se mi sento diverso? Molto. Dieci anni fa ero un altro giocatore - dice Ibra -, dieci anni fa tornavo indietro per andare a prendere il pallone. Oggi non lo faccio, penso che se torno indietro spreco energie e non sono utile in attacco. Dieci anni fa se la palla non mi arrivava perfetta con quei giocatori… Ora giochiamo in un altro modo. Non eri molto positivo per quest’anno, ma ti ho già detto “Ci penso io”. Ancora oggi i torelli qui sono una battaglia. Mi sentivo vivo con la competizione. Dieci anni fa c’erano giocatori che avevano uno status diverso, più personalità e carattere. Era un altro ego. Oggi mi arrabbio uguale, forse ancora di più. Ma ho equilibrio. Se vedo che uno non ce la fa allora cambio strategia. Prima trattavo tutti allo stesso modo. Non ti posso cambiare, devi essere te stesso. La persona deve essere se stessa, quando sei giovane sei più rock and roll, ora invece capisco di più la situazione. Chiedo tanto, se non ti alleni bene ti dico qualcosa, non accetto un passaggio sbagliato, tutto questo ancora oggi. Poi dipende da te come lo prendi, come ti alleni è come giochi. La mia filosofia è questa, poi forse per i brasiliani è differente. Si allenano in modo tranquillo e poi danno spettacolo in partita. Ora mi hanno detto “fai vedere la strada e noi ti seguiamo”.

Ibra parla di tutto, a 360*. Nel suo modo, che è unico, un po' sbruffone e molto punto di riferimento di un gruppo che deve crescere ed è cresciuto con lui. Seguendo i suoi insegnamenti, a partire dal forte senso di appartenenza: "Che effetto mi fa Milanello? Mi sento a casa. Quando sono qua faccio tutto quello che bisogna fare, non ho fretta di tornare a casa perché sono già a casa. Ero già qua 10 anni fa con voi grandi calciatori. Non mi ricordo del mio primo giorno… Ah sì, i test di forza, ho fatto i record (ride, ndr). Senza riscaldamento. Che camera ho? Ho la camera del boss, quella grande... ".

L'altro boss, Pioli, siede in panchina e ha stabilito il giusto feeling con Ibra...
 "Ogni anno che passa il giocatore cambia. Abbiamo un mister che chiede di giocare in modo preciso. Mi piace come giochiamo, ha trovato un modo per fare uscire il massimo dalle mie qualità. Mi fa giocare nel miglior modo per aiutare la squadra. Parla tanto con me e mi chiede tante cose così come chiede tanto alla squadra. È normale che voglio giocare sempre, ma è anche lui che mi dice sempre di giocare anche quando voglio riposare. Sono disponibile, anche quando mi chiede di giocare 45’ in EL. Sono disponibile, i compagni mi rispettano tanto e li aiuto. Sento tanto questo senso di responsabilità e mi piace tanto”.

E proprio Pioli è stato decisivo per il suo ritorno al Milan... "Pioli mi ha chiesto cosa volessi fare. Gli ho detto “Basta, non continuo”. Pensavo ai sacrifici e pensavo alla famiglia che è in Svezia. Se faccio un altro anno come questi sei mesi, no. Pioli mi ha detto “ti rispetto”. Il giorno dopo mi ha richiamato: “Non è così semplice. Ieri ti ho lasciato troppo facilmente. Se tu non rimani qua sarà un’altra cosa”. Gli ho detto “Mister, ho deciso”. Dopo sono andato in vacanza. Il contratto non era importante, a quest’età non serve. Mi serve solo il rispetto e i valori. La sfida però era bella e difficile. Però sono arrivato anche a pensare che non avrei voluto avere rimpianti. E allora ho chiamato Mino e gli ho detto “Chiudi tutto, si va avanti”. Ma all’inizio avevo detto di no, che il prossimo anno non sarei rimasto”.

Poi sulla squadra e gli obiettivi stagionali: “La squadra ha tanta fame e voglia, stiamo facendo bene. Non ci sono obiettivi o sogni, giochiamo una partita alla volta. Io ce l’ho il mio obiettivo, ma per la squadra è quello di fare meglio dell’anno passato. Guardiamo una partita per volta. La squadra è molto giovane, non hanno il feeling di vincere qualcosa. Non hanno questo pensiero fisso sugli obiettivi. Non dobbiamo rilassarci, e qui entro io. Non bisogna essere soddisfatti. Sappiamo che la squadra non è come Inter e Juventus che hanno un organico più ampio. Noi siamo giovani, magari qualcuno non è pronto per giocare tutte le partite. Il senso è che dobbiamo vincere se vogliamo qualcosa, non sono abituati. Contro il Rio Ave si è vista la pressione, hanno iniziato a giocare per qualcosa. Hanno un po’ di esperienza ma non sono abituati. La squadra può puntare alla Champions? Penso di sì. Ho giocato 8 mesi qua, penso di sì. Però non conta solo la qualità o il talento, conta il sacrificio e la disciplina. Tutti piccoli dettagli che fanno la differenza”.

Infine sul suo futuro: “Cosa voglio fare quando smetto di giocare? Non lo so. Ho due figli, due vite in un’altra vita. Con loro metto pressione e disciplina, devono capire come funzionano le cose. Disciplina, rispetto e sacrificio. È il dettaglio che ti costruisce. Allenatore? Non penso. È una cosa molto stressante. Se sei stato un calciatore stare fuori dal campo a dare indicazioni agli altri e magari non ci riescono… Finché posso continuare a stare bene gioco. Quando sei vecchio si parla solo di fisico, come con Totti. Non è che mancano le qualità. Se uno ha ritmo ce la fa. È quella la cosa importante. Non perdi qualità, è impossibile. È una questione fisica”.

 

 

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