IL CASO

Tokyo 2020: si ribella al rimpatrio, atleta bielorussa messa al sicuro dalla polizia

Tsimanouskaya aveva contestato la decisione di farla competere a una gara diversa da quelle previste. Di lei si sta occupando l'UNHCR

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È 'al sicuro' in Giappone l'atleta bielorussa Krystsina Tsimanouskaya, che aveva denunciato un tentativo di allontanamento dalle Olimpiadi di Tokyo e di rimpatrio per decisione dei dirigenti della sua squadra e del Governo di Minsk dopo aver contestato apertamente la decisione di farla competere in una gara diversa da quella prevista, e poi chiesto la protezione della polizia di Tokyo. Lo ha assicurato il Comitato olimpico internazionale.

"Il Cio e Tokyo 2020 hanno avuto ieri sera colloqui diretti con l'atleta - ha detto il portavoce Cio, Mark Adams - Ci ha assicurato che si sentiva al sicuro. Ha trascorso la notte in un hotel all'aeroporto" di Tokyo-Haneda, e al momento non sono confermate le indiscrezioni su una possibile richiesta asilo politico a un paese Ue.

Della vicenda, al momento, si stanno occupando funzionari dell'Alto Commissariato delle nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR); da parte sua, il governo giapponese "continua a collaborare attivamente con le organizzazioni coinvolte", come ha precisato un portavoce governativo. La Tsimanouskaya ha dichiarato domenica di essere stata costretta a sospendere la sua partecipazione alle Olimpiadi di Tokyo dall'allenatore della sua squadra, prima di essere accompagnata all'aeroporto dai funzionari del Comitato olimpico nazionale bielorusso per tornare nel suo paese. Pochi giorni prima aveva aspramente criticato la Federazione bielorussa di atletica leggera, sostenendo di essere stata costretta a partecipare alla staffetta 4x400m, quando inizialmente avrebbe dovuto correre i 100m e i 200m perché altri due atleti erano incappati nella rete dell'antidoping.
Tsimanouskaya ha anche dichiarato al sito on online 'by.tribuna.com' di aver "paura" di finire in prigione, in caso di rientro in patria, dove diversi atleti negli ultimi anni si sono apertamente schierati contro il presidente Lukashenko.

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