VERSO LA FINALE

La svolta epocale di Messi: a 35 anni ha imparato a essere un leader

Il numero dieci dell'Argentina ha dimostrato di essere un campione anche dal punto di vista caratteriale

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Lionel Messi era già nel gruppo dei primi cinque giocatori di tutti i tempi, lassù nell'Empireo dove stazionano da tempo Maradona, Pelé, Di Stefano e Cruijff. Mai come adesso, sul finale di carriera a 35 anni, può davvero avvicinarsi alla vetta assoluta, quella occupata dal suo predecessore con la maglia numero dieci dell'Argentina. Per farlo ha bisogno di due cose: vincere un Mondiale e dimostrare che a una classe immensa è in grado di unire anche la capacità di trascinare i compagni. La seconda l'ha già ottenuta.

Diego ha portato una nazionale mediocre sul tetto del mondo nel 1986 e ha trascinato un'Albiceleste ancora più scarsa alla finale di 4 anni dopo, nonostante fosse limitato da notevoli problemi fisici. E' stato l'unico, in uno sport di squadra, in grado di vincere da solo. Pelé aveva al fianco fuoriclasse assoluti sia nel '58 che nel '70, il Di Stefano migliore si è visto nell'esperienza al Real pieno di fuoriclasse di fine anni '50 inizio '60, Cruijff ha impreziosito, con la sua classe immensa, un collettivo che si muoveva secondo logiche avveniristiche. Maradona è andato oltre, con qualità mai viste, né prima né dopo, unite a una leadership che non derivava soltanto dalla sua superiorità tecnica. Difendere i compagni in ogni momento, sapere creare polemiche ad arte, litigare con arbitri e avversari quando era necessario. Classe e "cazzimma" per dirla alla napoletana. Un mix insuperabile.

A Messi è sempre mancato questo. Il meglio è stato in grado di darlo nel bozzolo protettivo della maglia blaugrana. Ha vinto tutto con il Barcellona, ha già conquistato, come numero di trofei, molto di più di Re Diego, ha avuto un rapporto tormentatissimo con la maglia della nazionale. Poi qualcosa è scattato. Ha lasciato Barcellona, ha sollevato la Coppa America un anno fa e ora è tornato in finale di un Mondiale otto anni dopo Brasile 2014. Manca ancora l'ultimo passo, ma il modo in cui Leo ha affrontato Qatar 2022 dice già tanto. Compagni che si getterebbero nel fuoco per lui, la polemica che ha fatto il giro del mondo con van Gaal, la frase (ormai entrata nella leggenda) con cui si è rivolto all'olandese Weghorst dopo i quarti di finale (Que mira bobo? Anda pa'alla, bobo. Cosa guardi, scemo? Vattene via, scemo), sono la prova che Leo si sente un trascinatore e che non si fa problemi a tirare fuori anche gli istinti peggiori pur di raggiungere lo scopo finale. Ma è soprattutto il modo in cui ha preso in mano la squadra, diventando il punto di riferimento dell'intero gruppo, la vera svolta del Messi di Qatar 2022, leader tecnico e morale.

Leo ha confermato che questo sarà il suo ultimo Mondiale. Con la partecipazione alla finale sarà il giocatore con più presenze alla coppa del mondo. Anche se a lui interessa alzarla quella coppa, chiudendo così una carriera che, a quel punto, sarebbe la più ricca e completa della storia

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