Forza mentale e comunicazione: tutte le armi del condottiero bianconero
Molto più di un allenatore, capace a 51 anni di alzare ulteriormente la propria asticella grazie a un lavoro (prima di tutto) su se stesso per sviluppare capacità per nulla semplici e alla lunga decisive. Massimiliano Allegri è un po' mister e un po' comunicatore efficace; un po' stratega e un po' psicologo; un po' equilibratore e un po' equilibrista. Un mix flessibile e versatile, necessario per gestire uomini e circostanze di primissimo livello, alcune volte anche parecchio ingarbugliate. Una crescita costante quella di Max, che al quinto anno di Juve conquista il quinto scudetto con i bianconeri e il sesto (calcolando quello con il Milan) della propria carriera. Numeri eccezionali, alla faccia dei detrattori e dei critici prevenuti, che lo fanno salire al secondo posto della classifica all time di Serie A: Fabio Capello e Marcello Lippi, fermi a quota cinque, sono superati; nel mirino c'è ora Giovanni Trapattoni, davanti a tutti con sette tricolori in bacheca.
Lasciamo da parte, se possibile, le critiche post-Ajax. Proviamoci, almeno. Perché di fronte all'ennesimo trionfo in campionato è doveroso. E allora diciamolo: la mano, e la testa, di Allegri sono risultati evidenti in ogni situazione vissuta dalla squadra nel corso della stagione, a cominciare dall'arrivo di Cristiano Ronaldo e dal ritorno di Bonucci. Non era facile, perché inserire il miglior giocatore del mondo in una squadra già dominante significa essere condannati a (stra)vincere. E non era semplice pure la questione Bonucci, rientrato a Torino tra le polemiche dopo un anno di Milan e dopo le frizioni avvenute proprio con il tecnico livornese. E invece tutto è filato liscio, tenendo un profilo basso e trattando subito i due giocatori come elementi imprescindibili. La comunicazione, con i diretti interessati e con i media, come sempre ha fatto la differenza.
Il talento dell'allenatore nella gestione degli uomini è ancora più evidente nelle ampie rotazioni avvenute nel corso delle settimane: a parte CR7, risparmiato col contagocce, tutti sono più volte rimasti fuori senza che la squadra ne risentisse in termini di risultati e di umore. Dimostrazione della totale leadership di un condottiero riconosciuto in tutto e per tutto dalla squadra. E un altro grande merito riguarda l'esplosione di Bernardeschi e Kean, protetti e cresciuti tra bastone e carota: un'alternanza di comportamento quasi scientifica e, per certi versi, perfetta.
C'è poi il tecnico Allegri, troppo spesso sottovalutato al contrario di quanto dimostrato con il proprio lavoro. La Juve in stagione ha dovuto fare i conti con diversi infortuni (anche in queste ultime delicate settimane), che ad intervalli (quasi) regolari hanno tenuto fuori praticamente tutti i giocatori: Cuadrado, Douglas Costa, Dybala, Ronaldo, Emre Can, Khedira, Chiellini, Szczesny, Barzagli, Cancelo, Mandzukic, Bernardeschi, Bonucci, Pjanic, Bentancur, Alex Sandro, De Sciglio, Spinazzola. Un problema non da poco, affrontato però ogni volta con grande serenità e sicurezza a supporto di idee vincenti. In questo modo si spiegano i diversi moduli tattici utilizzati partita dopo partita: dal 4-3-3 di riferimento al 4-4-2, ma anche 4-2-3-1 e 4-3-1-2, fino al 3-4-3 e 3-5-2. Tante Juventus diverse a seconda delle necessità, ma sempre con il medesimo atteggiamento e la medesima forza mentale: quella che in Italia ha reso la Signora una squadra impossibile da battere. Tanto dominante da far sembrare cosa normale (se non banale) festeggiare l'ottavo scudetto di fila.