Il ruolo del portiere secondo Luis Gabelo Conejo

Quattro chiacchiere con l'iconico portiere del Costarica a Italia '90

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C’è tanta Italia nella parabola sportiva di Luis Gabelo Conejo, portiere del Costarica ai mondiali del 1990. Proprio alla kermesse iridata strappò il suo momento di notorietà, diventando, assieme a Zenga e all’argentino Goycoechea, il miglior numero uno della competizione. “A fine torneo fui avvicinato da alcuni emissari del Torino. L’offerta economica era molto allettante, ma alla fine decisi di rimanere in Costarica”, racconta.

Non solo, ma un mese prima dei mondiali il ct Bora Milutinovic, convinto di avere tra le mani un diamante, ma grezzo, lo affidò alle cure di Roberto Negrisolo, all’epoca preparatore dei portieri della Roma. Una full immersion che diventò fondamentale per la crescita tecnica e professionale di Conejo. “In patria mi preparavo prima di ogni gara con grande intensità, ma ammetto che neppure sapevo dell’esistenza di allenamenti così specifici e mirati per un portiere. Devo molto a Negrisolo. All’epoca annotai ogni cosa su un quaderno, che mi tornò utile quando a mia volta diventai l’allenatore dei portieri della nostra nazionale”.

Conejo in effetti è stato il maestro di Keylor Navas, per alcune stagioni tra i migliori guardiani del pianeta. “Con lui mi sono spinto oltre – racconta – era forte, aveva una presa d’acciaio, sapeva comandare la difesa, ma alle volte non emergeva per doti acrobatiche. Così decisi di affidarlo alle cure di un acrobata del circo”. Può sembrare bizzarro, ma dopo quel trattamento un po’ fuori dalle righe, Navas giocò un mondiale straordinario in Brasile, dove per la cronaca il Costarica perse l’accesso alle semifinali con l’Olanda soltanto alla lotteria dei rigori. Navas lasciò negli stessi mesi il Levante per trasferirsi al Real Madrid, sostituire un totem vivente come Casillas e generare ulteriormente la sua leggenda.

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