Gigi Maifredi trent’anni dopo

Nel 1990 la Juventus decide di affidare la panchina a un Omone di 43 anni...

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La spavalderia è sempre stata da scudetto, e in fondo non è nemmeno un peccato mortale. La tracotanza, la hybris, quella sì, la punisce anche Dante nell’Inferno: la fiamma dell’VIII Bolgia dell’VIII Cerchio avvolge Ulisse come la bolgia del fumo di una rivoluzione mancata blocca la storia di successo di Luigi Maifredi. E se Ulisse si confida col Sommo, Maifredi lo fa più prosaicamente con Xavier Jacobelli in un’intervista del 2017 alla quale regala l’epitaffio definitivo: «Alla Juve stecco perché sono un asino, un presuntuoso e la presunzione si paga».

Potremmo chiuderla già qui, ma se a trent’anni di distanza dall’inizio di un’avventura che non poteva finire che male i tifosi bianconeri ancora sussultano sentendo il nome di Maifredi più che quello di un Ferrara – il tecnico, non il difensore – o un Delneri, significa che la condanna sommaria non ha risentito di attenuanti. Aspettative, proclami, il gusto della sfida, ma lì si torna: la presunzione si paga.
 

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