No, Rino: sarebbe un fallimento

Bisogna battere il Frosinone per continuare a sperare nella Champions

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Innanzitutto, tra jalissiani fiumi di parole, bisognerebbe cominciare a battere il Frosinone, evento dato così tanto per scontato da fare temere il contrario. Chi c'era l'anno scorso a Milan-Benevento, un filo di retropensiero se lo tiene. Presi (incrocio le dita) i tre punti, torneremo per almeno mezz'ora in Champions League, il tempo giusto per congedarsi dalla squadra e – chissà – da Rino Gattuso con un sorriso, un filo di speranza nel futuro, il tempo per salutare con l'affetto che meritano Ignazio Abate e Cristian Zapata, due che comunque rimarranno nella memoria come simboli di anni difficili. E anche il tempo per un autoapplauso dei tifosi, dei 60mila e rotti di stasera, del milione complessivo che in questa stagione ha riempito San Siro, confermando che generazioni e risultati cambiano, ma il Dna milanista no, mai. Poi verrà fischiato il calcio d'inizio di Napoli-Inter e Juventus-Atalanta e chi vivrà, vedrà, giusto per dirla con il minaccioso sottinteso che Pavel Nedved ha usato per il “nemico" Max Allegri.

Attaccati alla Juve, pensa te, attaccati a Carletto Ancelotti (già meglio), eventualmente attaccati con un'unghia a Sassuolo ed Empoli all'ultima giornata, sempre ammesso che si vinca anche a Ferrara (chi ha visto Spal-Napoli sa che non è così sicuro). Troppi e fragili appigli, sottilissimo - nell'ordine del punto, dei due punti – sarà il confine tra il lieto fine e il fallimento. Eccola qui, la parola incriminata di questa vigilia. Quella rifiutata da Rino come sinonimo di un quinto posto finale. La verità, è che l'aspettativa è stata modificata – tanto – dalle vicende del campionato e del Milan: carissimo mister, per come sono andate le cose, purtroppo sarebbe un fallimento, sì. Perché se all'inizio dell'anno questa squadra poteva venire posizionata dietro Juve, Napoli, Inter e alla pari delle romane – che pure venivano da una stagione molto migliore -, e quindi essere accreditata di un piazzamento a cavallo tra Champions ed Europa League, durante la stagione il gioco al ribasso, il “ciapanó" che ha caratterizzato tutta la lotta dietro le prime due ha offerto tante, troppe occasioni di salire sul bus europeo e sedervisi comodamente. E il Diavolo non le ha sfruttate, perso in involuzioni quasi tutte autoprodotte, dal caso Higuain fino all'assurdo blackout post-derby, alle risse interne degli ultimi due mesi. Gli infortuni (quanto è mancato Bonaventura?) e certe partite francamente sconcertanti per mancanza di qualità e atteggiamento – ricordo proprio l'andata a Frosinone, a Santo Stefano - hanno completato un quadro che non può essere soddisfacente. Gazidis, leggendo alcuni colleghi, avrebbe apprezzato “la gestione delle crisi" da parte dell'allenatore: le crisi sarebbe meglio prevenirle, e comunque anche il tecnico non può essere chiamato fuori dall'identificazione delle cause, deve essere parte centrale dell'analisi da cui, dalla mattina del 27 maggio, deve assolutamente ripartire il Milan per programmare un'annata che deve essere migliore, Champions o Europa League che sia, Uefa o non Uefa. La stessa mattina in cui proprio non vorrei trovarmi a combattere con una fitta al fegato provocata dal ricordo del tiro di Cutrone fermato con le terga da D'Ambrosio sulla linea di porta al 97' del derby di ritorno.