OGGI CON PRADELLI

La “doppia C” di quel Roma-Milan: due anni fa, un’eternità

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Venticinque febbraio duemiladiciotto. Roma-Milan 0-2. Al 48’ Patrick Cutrone, al 74’ Davide Calabria. Ancora una volta, fronte rossoneri (ma non sono da meno i giallorossi), sembra passata almeno mezza era geologico-sportiva se raffrontiamo quel confronto e quello che ci apprestiamo a vivere stasera dalle 18.00. Non tanto per l’allenatore, per le proprietà, nemmeno per gli obiettivi sportivi ad onor del vero, quanto perché due ragazzi che sembravano destinati a scrivere il futuro del Milan sono, oggi, costretti a rivedere i propri piani. Il primo, Cutrone, lo sta già facendo da quest’estate: venduto (per alcuni svenduto) al Wolverhampton, ha finora bagnato con una sola rete le sue quattordici presenze in terra inglese. Il secondo, Calabria, era senza dubbi titolare, titolarissimo sulla fascia destra finché gli ultimi infortuni (di campo) lo hanno relegato ad una coabitazione con Conti dove chi vince conquista un cucchiaio di legno e poco altro.

È la storia degli ultimi anni di via Aldo Rossi, d’altronde: ripartire sempre da zero, ogni anno. A volte anche in più di un’occasione nella stessa stagione. Pioli ha già rappresentato la seconda ripartenza: un esordio promettente col Lecce, virato ben presto al più puro tafazzismo e concluso con una buona dose di sfortuna. Per questo la trasferta dell’Olimpico diventa già fondamentale in una settimana lunga e cruciale: giovedì a San Siro arriva la Spal, quindi sempre al Meazza ecco l’altra romana, la Lazio, a chiudere sette giorni di fuoco prima di ulteriore benzina (Juventus allo Stadium, Napoli in casa). In un contesto già complicato, le recenti parole di Maldini hanno rimesso ancora una volta tutto in discussione: “Tutti qui al Milan sanno che la squadra ha certe ambizioni. Nessuno può permettersi il lusso di aspettare 10 anni – gli ha fatto eco proprio Pioli in conferenza stampa –. Dobbiamo far bene, Maldini ha fatto dichiarazioni lucide. Noi bisogna tornare a vincere, con l’ambizione di essere squadra protagonista. Il fatto che non siamo riusciti a vincere una partita che avremmo meritato, ci fa capire che dobbiamo lavorare”.

Lavorare ripartendo, ancora una volta, da Suso. Succederà anche stasera. E l’hashtag #SusoOut ha già invaso Twitter. Mai decisivo, mai incisivo, eppure mai messo in discussione. Qualsiasi altro calciatore rossonero, in questi primi mesi, ha visto la sua titolarità vacillare o è stato sostituito a partita in corso. Discorso che non è mai valso per lo spagnolo, che in passato è anche riuscito a risolvere qualche gara, ma solo nei momenti in cui decideva di accendere la luce. Troppo poco. Oltre a questa mancata brillantezza c’è il discorso del poco aiuto alla squadra in fase difensiva che non lo rende nemmeno così indispensabile nel suo ruolo nel dare equilibrio, come ricercato da Pioli. Insomma: cambiare per non cambiare mai. E si fatica a capire davvero come Suso scampi sempre alla logica del “turnover”, esaltato puntualmente dall’allenatore di turno. Che dia il massimo (solo) in allenamento?

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