Mi abbono o non mi abbono allo Stadium?

Un atto di fede vale più di ogni pregiudizio

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La Juventus della gestione Andrea Agnelli ha vissuto soltanto tre crisi di risultati nella sua scalata verso quello c'è più o meno dichiaratamente è l'obiettivo di tornare sul tetto del mondo. Il primo è corrisposto all'intera seconda parte della gestione Delneri; il secondo al celeberrimo e momentaneo dodicesimo posto d'inizio autunno con Allegri in fase pasticcione o sperimentazione; il terzo è quello meno rilevante di tutti ed è esattamente questa Juventus qui, quella di oggi fin che formalmente non si conclude la stagione al 30 giugno e che riprenda quella nuova tra il 9 e il 10 luglio, quella post sconfitta interna contro l'Ajax tanto per intenderci. Delle pareggiti, per esempio, non si ricorda più nessuno perché era un momento diverso e tutto ciò che arrivava lo si prendeva anche un po' per sceso dal paradiso. E lo Stadium era stracolmo, e lo Stadium spingeva, e lo Stadium era un'esperienza da provare, e lo Stadium era il ritorno della gente bianconera in pianta stabile al fianco di una squadra sempre più lontana. Un po' perché i tempi erano già cambiati con la linea vincente ma asettica della Triade e per tutto il pezzo mancante c'è stata l'approssimazione del management post Calciopoli. Pensate un po' che i fischi più intensi - prodotto della passione e della paura quando si questo si confondono - li si è ascoltati proprio durante un Juventus-Lecce 2011/12.

Nella stagione appena conclusa i sold-out si contano con una sola mano, eppure c'era già Cristiano Ronaldo. I prezzi, l'attenzione (l'assillo?) unicamente per la Champions, il clima antagonista della Curva e infine il gioco hanno condizionato in maniera chiara come mai in precedenza e lo Stadium oggi è un castello svuotato dell'aria magica. In questi mesi ho ascoltato dubbi, dibattiti e prese di posizione sincere da parte di decine e decine di abbonati, anche storici: lo Stadium si è trasformato in fatica, in critica filosofica dello spettacolo a cui si assiste, in routine sulla quale appunto porre profonde riflessioni. Con i costi - e questo lo sapevamo - non si può regredire, per l'entusiasmo invece basta sempre meno di quanto si dica e si creda. Però l'entusiasmo è una catena: appartenenza, partite epiche, calciatori a datti al contesto eccetera. Fino a ricreare un monolite che può vincere o perdere, ma che emani sempre e in ogni sua espressione un profumo di casa che dopo Cardiff è stato disperso e che con la gestione mediatica del toto-allenatore è stato sopraffatto dai sudori delle peggiori riunioni di condominio. Quindi, caro il mio vicino di casa, abbonarsi o non abbonarsi? Io ti rispondo così: un atto di fede vale più di ogni pregiudizio, resta a casa con la famiglia soltanto il giorno in cui ti sentirai più cliente che tifoso.