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Cuore Tifoso: La Juve di Sarri e il segreto del tiro al bersaglio

Non un tiro a caso, non un tiro al piccione, non un tiro tanto per tirare. Il tiro in questione è il tiro per definizione: frutto di manovra svelta

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Una domenica non fa un campionato, ma per la Juventus che veniva da un solo punto in due gare è stata la domenica dello scossone. Non tanto per l’avversaria, le pallate, le micidiali reti su azione di CR7 (a proposito: di quanto fosse difficile eppure facilissima la palla che ha sbloccato il risultato contro l’Udinese in pochi se ne accorgono; ma lui raccoglie un rimbalzo sporco, batte in corsa con la palla sotto il corpo, la scaglia senza che tocchi terra a quattro centimetri dal suolo senza neanche permettere a un ottimo portiere come Musso di battere le ciglia). Piuttosto per la prima assoluta del tridentissimo dal primo minuto, con effetti devastanti sul match, ovvero sull’impatto alla partita che è stato spesso uno dei paradossi del calcio tritatutto che vorrebbe Maurizio Sarri. E per mettere pressione, esaudita, all’Inter che vive una fase in cui fa più parole che calcio. E per consegnare Rodrigo Bentancur al centro del progetto tecnico bianconero, ormai un titolare senza se e senza ma come raccontano le scelte dello staff tecnico, per di più in regia, con nerbo, dinamismo, geometrie e piglio. E per Merih Demiral che arriva al dunque delle tante voci estive scalzando di fatto Rugani e mostrandosi come si mostra nelle apparizioni con la nazionale turca, prestazioni che non a caso avevano attivato l’interesse di Mourinho più ancora che quello di Boban e Maldini su suggerimento di Massimiliano Allegri.

Scossone che poi è emozione. Spettacolo è ancora un’altra cosa, perché nel calcio questo non è neanche la cornice del quadro, ma al massimo il muro che sta dietro il giorno che decidessi nel caso di esporlo. Emozione che in una gara come Juventus-Udinese è mandare al tiro combinato nove volte i tre attaccanti in un solo tempo. Non un tiro a caso, non un tiro al piccione, non un tiro tanto per tirare. Il tiro in questione è il tiro per definizione: frutto di manovra svelta, da scagliarsi fronte alla porta e possibilmente sulla corsa, da posizione più centrale possibile. Insomma, un tiro non forzato, ripetuto, contro una squadra non forte ma densa di difensori, che della muraglia fa i suoi punti salvezza, che del contropiede lascia traccia soltanto nella ripresa quando partenze e ripartenza danno fastidio agli allenatori ma sul 3-0 tengono compagnia a chi ha pagato il biglietto. Quella sequenza di tiri è il livello successivo della Juve di Sarri, perché va a cercarlo, anche testardamente, insistendo nell’elevare la qualità della giocata per vie centrali. E con tre attaccanti, questi tre più Douglas Costa, più eventualmente un altro, diventa la ricerca della felicità in attesa dei Rabiot e dei Ramsey che la società ha in mente. Ora si va a Marassi per consolidare. Per trovare l’incastro migliore possibile sulla linea mediana. Per preparare la configurazione per il primo trofeo stagionale. Quindi per la Lazio con cui rifarsi magari proprio attraverso le tre primedonne che poi ti accorgi che Higuain sembra un po’ Vialli, un po’ Ravanelli e un po’ il Pipita: attenzione, che qui si può riscrivere la storia, con Ronaldo più centravanti di quel che si potesse immaginare...

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