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Cuore tifoso Juventus: non è mai l’anno buono per perdere lo scudetto

A entrare nella storia sarà la striscia leggendaria alla pari con chi la interromperà

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È un campionato diverso, scrivono e dicono tutti. E ci si spreme le meningi per trovare gli elementi che renderebbero questo torneo un po’ meno juventino degli altri. Il punto è però chiaro, evidente: questo campionato sarà diverso soltanto se non lo vincerà la Vecchia Signora. Oppure se lo vincerà tra mille polemiche negli ultimi minuti della grande corsa. Certo, ci sono l’Inter di Conte che è avversario diverso dagli altri anche solo per una questione storica, psicologica e sociologica (insomma: a lui, al primo tentativo, in nerazzurro, con Marotta, bisogna far di tutto calcisticamente parlando per non farglielo vincere).

C’è la quota punti della terza, che non è la Lazio e neppure l’Atalanta, ma che è proprio l’Inter, senza precedenti nei campionati precedenti. C’è una squadra simpatia che si prende il 33% dei consensi (la Lazio) senza essere simbolo aggregante della religione antijuventina. Ma chi pensa al Verona di Bagnoli, alla Samp di Boskov, ai più recenti Montpellier e/o Leicester sappia che basta la cosa a cui somiglia di più questa Lazio è proprio la Lazio. Un po’ quella del ‘74 e un po’ quella di Eriksson. Ed è lecito che sognino.

Ma la Juve è sempre la Juve. Se non lo si vincerà, perché in mezzo ai piedi ci sono i dolci tornanti della Champions League, sarà sempre e comunque colpa sua. Poi già sappiamo: a entrare nella storia sarà la striscia leggendaria alla pari con chi la interromperà (da avversario e da allenatore della Juventus). Sono riflessi inevitabili. Che non si possono scongiurare. Se non, appunto, vincendo. Perché a partire dalla stagione 2012/13, da detentori e con l’approdo di Carlitos Tevez che era lusso per quella Serie A anche da giocatore apparentemente finito, ogni anno non è mai l’anno buono per perdere lo scudetto. Perché lo scudetto, appunto, è sempre un’altra storia. Perché lo scudetto è il gioco nazionale. Più del Lotto, più della Tombola, più dei Gratta e Vinci.

Un gioco psicologico che Sarri deve reggere già solo per vincere il primo in un mondo che ci dicono ormai annoiato e vaccinato al tricolore. Che poi non è così. Ci sono momenti nei quali, se vince un altro, devi comunque rimproverare te stesso. In questa squadra tutti hanno vinto un titolo nazionale (a parte Ramsey) e per questo sanno quanta fatica costa. Ecco perché il rispetto nei confronti della Lazio e il timore per l’ascesa dell’Inter devono far sì che questo sforzo (correre un metro in più, commettere un fallo in più, segnare una volta in più) venga raddoppiato. La cultura della soglia del dolore è molto juventina e l’estetica non deve scalfirla. Ecco perché si parla di un nuovo patto tecnico di spogliatoio. Perché a Torino ognuno ha ancora un suo buon motivo per scrivere il suo nome anche sotto lo scudetto 2019/2020. Bisogna solo intendersi e parlare la stessa lingua. Per tre mesi. Non pare così difficile, no?

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