I Giochi del Commonwealth come esperimento sociale
C’erano una volta le Olimpiadi. Almeno quelle che conoscevamo, con la ginnastica, il ciclismo e il pugilato. Ma la rivoluzione incombe e le nuove generazioni avanzano. I Giochi del Commonwealth, che riuniscono 54 stati indipendenti con passata appartenenza all’impero britannico, hanno messo la testa in avanti: via le discipline tradizionali, spazio agli sport urban, più giovani e moderni. Per la gioia della Generazione Z, l’eldorado dei giorni nostri.
I Giochi del Commonwealth si disputeranno l’estate prossima a Birmingham, dopo le turbolenze finanziarie che hanno portato al forfait della città di Durban. Il programma delle gare prevede 15 sport, due dei quali “congelati” per regolamento: si tratta di atletica e nuoto, inamovibili per la loro “universalità”. Il resto del programma rappresenta una prateria per la fantasia degli organizzatori e la tendenza sembra una soltanto: si fa la rivoluzione. Gli organizzatori sono incoraggiati dalle nuove linee guida a scegliere quelle discipline e quelle gare «rilevanti – scrive il Telegraph – per la loro nazione o cultura, aumentando la prospettiva che sport di nicchia come il kabaddi siano inclusi in una potenziale edizione dei Giochi del Commonwealth in India o allo stesso modo il lacrosse in Canada».
Dall’edizione del 2026, gli sport previsti passeranno dagli attuali 15 a 20, ampliando il ventaglio a disposizione delle città ospitanti. Che si prevede saranno più di una, per limitare le spese ma anche per inserire più discipline di forte impatto locale. Ma non finisce qui. La CGF, Commonwealth Games Federation, non ha escluso l’ingresso ai giochi delle discipline elettroniche, meglio note come esports. Abbiamo già detto molto sull’argomento ma teniamo a ribadire: «No, pietà!».