Il Tibet sopravvive nel calcio

Un popolo perduto che si ritrova in campo

  • A
  • A
  • A

Forse il Tibet rischia di diventare una leggenda, proprio come uno dei suoi simboli, il misterioso yeti; forse i tibetani rischiano l’estinzione, proprio come uno dei loro animali più rappresentativi, il panda; forse questo Dalai Lama sarà l’ultimo a venire riconosciuto come “reincarnato”, il prossimo magari sarà “clandestinamente eletto” dai tibetani in esilio, sparsi in India, in Nepal, negli USA, in Svizzera, a Roma, e sarà più un leader politico che un leader religioso o spirituale.

Forse il sacrificio di circa un milione di tibetani, vittima di un genocidio per mano cinese, è stato vano: perché il cinema non ha saputo eternarli con tutta una serie di film, perché sono mancati pittori o musicisti di genio, perché il Dragone ha negato, oscurato, insabbiato tutte le sue malefatte, abominevoli e raccapriccianti più ancora perché minimizzate o giustificate in nome di qualche orrida ideologia materialista. Forse il Tibet è perduto davvero e a noi rimarranno libri come Segreto Tibet di Maraini, qualche segreto più o meno stropicciato su Agartha, qualche terribile senso di colpa per non aver più avuto un uomo di intelligence come Giuseppe Tucci a rappresentarci. Forse. A dar retta al calcio, badate bene, niente è perduto.

Commenta Disclaimer

I vostri messaggi 0 comments