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Il Catania Calcio è risorto dalle ceneri

La storia travagliata di una città in cui il pallone è metafisica

06 Set 2020 - 08:44
 © lapresse

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Finalmente Antonio rimase solo e poté guardare a suo agio i cari tetti di Catania, quei tetti neri, disseminati di giare, di fichi secchi e di biancheria, sui quali il vento di marzo, al tramonto, sferra calci  da cavallo; le cupole che, nelle sere di festa, scintillano come mitre d’oro; le gradinate deserte dei teatri all’aperto; gli alberi di pepe del giardino pubblico; il cielo della provincia, basso e intimo come un soffitto, sul quale le nuvole si dispongono in vecchi disegni familiari; l’Etna accovacciato fra il mare e l’interno della Sicilia, con sulle zampe, la coda e il dorso, diecine di paesetti neri che vi stanno arrampicati con stento”. (V. Brancati, Il bell’Antonio)

C’è stato un punto fisso nella storia in cui Catania ha rischiato di scomparire: all’inizio della seconda metà del ‘600, ingratamente e con fare poco gentile, quasi del tutto di sorpresa, l’Etna decise di eruttare dai Monti Rossi, poco sopra Nicolosi. E da lì la lava scese imperterrita, irrefrenabile, verso il centro urbano, inerme: finì miracolosamente in mare, raggiungendo le mura della città, dopo aver sostanzialmente ricoperto quanto incontrato e salutato lungo il cammino. La colata circondò, assediandolo, il Castello Ursino: ma Catania, dopo 351 anni, è ancora lì. Ai piedi dell’Etna e a due passi dal mare.

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