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Elogio degli stadi pieni

Il regalo che tutti vorremmo: tornare sulle gradinate

25 Dic 2020 - 08:21

Recentemente, in modo timido e balbettante, si sono iniziate a sentire le sirene della resa: quell’animo ardente, pronto a scagliarsi contro il calcio silenzioso delle porte chiuse dal Covid, ha perso il suo furore. L’abitudine, che brutta bestia! Essa ha preso il sopravvento e, mentre noi tutti ci siamo rassegnati a vedere partite ovattate dal silenzio dei seggiolini vuoti, qualcuno sta persino iniziando a cantare le lodi del calcio senza pubblico.

L’ha fatto Rivista Undici sulle proprie colonne, lanciando l’elogio degli stadi vuoti con l’encomio dello Stadio Ferraris di Genova. Si è scomodato addirittura il parere di Jacques Austerliz, che nel romanzo di W.G. Sebald ammoniva: «Gli edifici sovradimensionati sono concepiti in vista della loro futura esistenza di rovine», invitando nella chiosa finale persino a lasciarli così: vuoti e aperti. Nel reportage fotografico correlato, rimbalzato anche sui social della testata, si sostiene che

«Gli stadi sono interessanti anche se vuoti, in un modo che valorizza maggiormente l’architettura e certi aspetti che, qualche decennio fa, sarebbero stati riassunti sotto l’espressione genius loci».

Finanche Il Foglio, non certo una voce acritica, si è spinto ad apprezzare i nuovi elementi di un calcio senza pubblico, primo fra tutti l’amplificazione delle voci di «uno show che ci sta aiutando a capire chi ama il calcio per quello che è e chi ama il calcio per quello che si porta con sé», nelle parole del direttore Claudio Cerasa.

Spunti accordati sul diapason televisivo che per primo ha iniziato a far sibilare la nota stridula. È comprensibile che per Sky la valorizzazione di un prodotto multimilionario non potesse essere svilito dall’assenza di pubblico. Ecco allora l’elogio delle voci dei protagonisti e le immersioni di Fabio Caressa, tutti efficienti stratagemmi di comunicazione per invocare un nuovo fascino in questo calcio silenzioso.

E a dire il vero è innegabile rimanere intrigati, se non affascinati, dal suono vivo del campo; sentire i giocatori scambiarsi consigli e rimproveri, gli allenatori impartire le proprie visioni. Eppure, siamo assolutamente certi che questo non può far scemare la portata del dibattito, e che l’abitudine non deve lasciarci indifferenti rispetto all’eccezionalità delle atmosfere dei nostri stadi. Tanto meno è condivisibile – per noi – celebrare gli aspetti positivi di questo calcio solitario ancor prima che silenzioso.

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