CONTRASTI

Antonio Sibilia, il commendatore d'Irpinia

Un simbolo, nel bene e nel male, dell'Italia dei presidentissimi

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Il calcio è un insieme di luoghi e di persone che scrivono la storia. Ci sono luoghi, però, che sembrano più adatti di altri, quasi perfetti per raccontare un decennio di grandi cambiamenti politici, sociali e calcistici. Se ci trovassimo a raccontare il calcio degli anni settanta, allora certo partiremmo da Torino, dai movimenti studenteschi ed operai, concludendo con la grande Juve dei cinque scudetti. Nel decennio successivo, però, la storia subisce un notevole cambio di rotta. Il benessere economico si diffonde, la politica è più che mai avvolta in ombre tutt’oggi oscure ed il calcio – anch’esso completamente mutato – risente dello scandalo calcio-scommesse, dell’arrivo degli stranieri e delle prime cifre esorbitanti che gli gravitano intorno.

Gli anni ottanta sono consacrati da tutti come la vetta più alta mai toccata dal calcio nostrano in quanto a qualità e popolarità. Prendono piede i primi gruppi organizzati, i calciatori diventano delle star e nelle case degli Italiani imperversano le prime trasmissioni televisive: il calcio è oramai questione culturale. Sono soprattutto gli anni delle provinciali, di quelle piccole realtà che arrivano per la prima volta nella massima serie sorrette da interi contesti cittadini, da società e presidenti che sono un tutt’uno con i territori, rispecchiandone il carattere popolare e spontaneo.

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