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IL PROCESSO

Inchiesta ultrà: il pm chiede 10 anni di carcere per il milanista Luca Lucci, 9 per l'interista Beretta

Per Paolo Storari le curve di Milan e Inter si sono comportate come una "sorta di 'milizia privata" legittimata dai club

23 Mag 2025 - 18:43
 © IPP

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Dieci anni di reclusione per il capo ultras del Milan, Luca Lucci, e il suo braccio destro Daniele Cataldo. È la richiesta di pena che il pubblico ministero di Milano, Paolo Storari, ha fatto alla gup di Milano, Rossana Mongiardo, nel processo con rito abbreviato alle curve di San Siro che si tiene a porte chiuse in aula bunker a San Vittore. Chiesta una condanna a 9 anni di reclusione per Andrea Beretta, ex capo della Curva Nord interista e ora collaboratore di giustizia, imputato per aver ucciso a settembre Antonio Bellocco, anche lui nel direttivo ultrà nerazzurro e rampollo del clan di 'ndrangheta, e per associazione a delinquere con aggravante mafiosa. 

Per Lucci e Cataldo è stata chiesta anche la libertà vigilata per 4 anni. Chieste condanne a 4 anni e 6 mesi per Fabiano Capuzzo e Alessandro Sticco, 3 anni e 4 mesi per Islam Hagag e Luciano Romano, tutti membri del direttivo della curva sud ritenuta dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano un'associazione a delinquere. Per tutti sono state chieste pene accessorie e libertà vigilata dopo aver scontato la condanna. Altri tre membri del tifo organizzato rossonero - il fratello di Lucci, Francesco Lucci, l'ex bodyguard di Fedez, Christian Rosiello e l'ultrà Riccardo Bonissi - sono a processo in un filone separato nato come dibattimento ordinario e poi trasformato in abbreviato dopo la modifica del capo d'imputazione. Martedì la pubblica accusa ha chiesto per loro pene fra i 6 anni e 10 mesi e i 4 anni e mezzo. Per quanto riguarda il filone nerazzurro la Procura ha chiesto anche 8 anni per Marco Ferdico, anche lui tra i leader del direttivo della Nord prima degli arresti dello scorso settembre. I club si sono costituti parte civile.

Le curve di Milan e Inter si sono comportate come una "sorta di 'milizia privata'" con "un capo", una "struttura gerarchica" e un "territorio" in "rapporti "conflittuali o meno" con altre tifoserie organizzate, con "la società calcistica" e "le strutture statali deputate alla repressione dei reati". Una serie di "rapporti" con le "istituzioni"che ha "generato, negli imputati, una sorta di legittimazione". Così il pubblico ministero di Milano, Paolo Storari, nella memoria depositata oggi alla gup Rossana Mongiardo. Per il pm il "territorio" controllato dagli ultras milanesi era lo "stadio San Siro", ritenuto una "zona franca" dove gli altri "attori che operano" al "Meazza" non "dovrebbero entrare", scrive citando il "significativo" esempio degli "stewards" che "non vanno mai in curva". La "milizia", nata in seno al tifo organizzato di Milan e Inter, aveva il potere di sanzionare "i propri sottoposti" con "espulsioni e sospensioni dal direttivo", elargire "premi e privilegi". Le curve, a processo per associazione a delinquere, avevano un "patrimonio" grazie ai "ricavi da vendita biglietti, fanzine, merchandising" gestito dai rispettivi capi. La "legittimazione" derivante dai "rapporti istituzionali" avrebbe dovuto "garantire", secondo i vertici ultras, "impunità" e "l'esigenza di essere rispettati e riconosciuti" anche dalle "forze di polizia".

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