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L'OPINIONE

Coronavirus: test clinici per tutti o non si gioca

Solo se gli esami clinici saranno accessibili a tutti i cittadini si potranno utilizzare anche per i calciatori. Non viceversa

di Gianluca Mazzini
14 Apr 2020 - 16:02

Nelle quotidiane polemiche sulla ripresa del campionato non hanno voluto mancare... gli scienziati. Complice l'infelice uscita in conferenza stampa del Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità Gianni Rezza. L’epidemiologo ha espresso la sua contrarietà alla ripresa del campionato ma dopo aver detto di essere tifoso romanista. Apriti cielo. Questa dichiarazione ha oscurato una seconda affermazione sul calcio questa volta di Angelo Borrelli, capo del Dipartimento della Protezione Civile. Al giornalista che domandava se fosse a conoscenza di vie privilegiate per ottenere i tamponi da parte di vip come i calciatori, il numero uno della Protezione Civile ha detto di non saperne nulla. In attesa che Borrelli si informi (su questo, ma anche su altro) resta il fatto che calciatori ma anche vip dello spettacolo e giornalisti hanno potuto effettuare tamponi tempestivamente. Cosa invece negata a medici, operatori sanitari e semplici cittadini.

Ora si può anche sostenere, legittimamente, l’opzione di far ricominciare il campionato in sicurezza ma dobbiamo capirci su cosa si intenda per sicurezza. Se si fa riferimento a test sierologici e tamponi effettuati in modo continuativo su tutto il personale coinvolto nei campionati professionistici, c’è un problema enorme.

Il mondo del calcio può effettuare tutti gli esami clinici che vuole solo se gli stessi esami è possibile prima assicurarli a pazienti Covid-19, ai loro familiari, agli operatori sanitari, ai lavoratori in servizio e via dicendo.

Si può stimare che tra Serie A e B siano coinvolte tra le due e le tremila persone (giocatori più staff societari). Se si dovessero giocare, come da programma, tre partite a settimana, vuole dire che i test andrebbero ripetuti in modo costante. Si dovrebbero effettuare almeno cinquemila esami a settimana.

Questo in una nazione dove non si vede all’orizzonte la fine dell'emergenza coronavirus e soprattutto in un Paese dove, a due mesi dall’esplosione della pandemia, è ancora molto complicato recuperare semplici mascherine di carta.

Diventa francamente difficile prevedere che Governo, Protezione Civile, Istituto Superiore di Sanità, Regioni (e chi più ne ha ne metta) riescano ad invertire la tendenza e siano in grado di offrire alla popolazione strumenti a tutela della loro salute e di quella della comunità nazionale. Quello che fino ad ora non sono stati in grado di fare.

Solo se gli esami clinici saranno accessibili a tutti i cittadini si potranno utilizzare anche per i calciatori. Non viceversa.

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