30 SENZA LODE

Massimo Pellegrini, eroe "senza età" del Mundialito 

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Dall’anno di nascita 1959 a quello 1988: storie di 30 campioni mancati del nostro calcio, grandi talenti che hanno però deluso (in tutto o in parte) le promesse


Massimo Pellegrini le prime pagine dei giornali (in Italia e nel mondo) se le era conquistate, suo malgrado, ancora minorenne. Aveva appena 15 anni, infatti, quando fu premiato come miglior giocatore del Mundialito giovanile, anzi, del “Primer Campeonato Internacional de Futbol Infantil Organizado por el Club Atletico River Plate” come pomposamente presentato in Argentina. Su quell’aggettivo “infantil”, infatti, si snoda l’incredibile storia di un Pellegrini “estrella” del torneo sotto le mentite e mendaci spoglie del suo compagno Massimo Ottolenghi. Classe 1967 Ottolenghi, classe 1966 Pellegrini. L’Inter porta in Argentina il Pellegrini travestito… da Ottolenghi per rientrare in quel regolamento che permetteva la partecipazione alla manifestazione solo agli under 13.
Il 4 febbraio 1981 allo stadio Monumental (lo stesso della finale Mundial del ’78 tra Argentina e Olanda) 70mila spettatori assistono alla finale tra l’Inter e la Academia Tahuichi Aguilera, squadra boliviana. Come boliviani sono in gran parte i tifosi accorsi sugli spalti. Ha la meglio l’Inter ai rigori, Inter arrivata in finale dopo aver eliminato quattro squadre argentine (Kimberley di Mar del Plata, Independiente, Talleres Cordoba e Platense), i brasiliani del Flamengo e i paraguaiani dell’Olimpia Asuncion. Davvero un super torneo, un Viareggio in grande per calciatori più piccoli con 24 squadre partecipanti e provenienti un po’ da tutto il mondo: Boca e River, Flamengo e Nacional Montevideo, Barcellona e Real Madrid, Stoccarda e Partizan Belgrado.
E’ un articolo pubblicato dal Manifesto a una settimana dal ritorno trionfale dei ragazzini nerazzurri in Italia a scoperchiare lo scandalo dello scambio di persona. Trofeo restituito (e girato ai boliviani) e per lui 6 mesi di squalifica. Con la casa dei genitori a Frascati, nei Castelli romani, presa d’assedio dai giornalisti: mamma Luisa e papà Mario hanno il loro bel daffare a tutelare la privacy famigliare della loro abitazione in frazione Cocciano dove nel frattempo Massimo, di ritorno dall’Argentina, ha raggiunto i genitori e i fratelli Paolo, Gianluca e Loredana.
Assolutamente incolpevole per il “pasticciaccio” creato dai dirigenti nerazzurri, Massimo rimane comunque all’Inter. A Milano è arrivato appena 14enne proveniente dalla Lupa Frascati. E curiosamente il suo esordio in A avviene vicino a casa, nel prestigioso scenario dello stadio Olimpico: è il 12 dicembre 1982, Rino Marchesi lo fa entrare a una decina di minuti dalla fine al posto del libero Bini. La Roma di Liedholm, che a fine stagione conquisterà lo scudetto, sta vincendo 2-0; Massimo entra bene in partita, conquista palla a centrocampo e la serve ad Hansi Mueller da cui parte il cross mancino per il gol di testa di Altobelli che dimezza le distanze.
Passeranno quasi tre anni dalla prima alla seconda partita in A con la maglia nerazzurra. Nel frattempo Massimo torna nei ranghi della Primavera e poi (ottobre ’84) è ceduto in prestito al Monza, in Serie B. Alla fine saranno 23 i gettoni di presenza che Alfredo Magni gli concede (quasi tutti spezzoni) in un campionato che vede i biancorossi navigare a centroclassifica.

Quello che nell’estate ’85 torna alla base interista è un Pellegrini più maturo. Castagner lo convoca per il raduno di Bressanone (quinta punta alle spalle di Altobelli, Rummenigge, Selvaggi e Fanna), in tutto metterà insieme 7 gettoni di presenza (2 in campionato, 4 in coppa Italia e 1 in coppa Uefa). La stagione successiva fa in tempo a giocare uno scampolo contro il Catanzaro in coppa Italia (subentrando a Fanna), nell’unica sua presenza con Trapattoni in panchina. A ottobre la società nerazzurra lo cede al Cagliari in B: da quel momento Massimo non rivedrà più la massima serie e la sua carriera si svilupperà in pratica tutta tra cadetti, C1 e C2.
In Sardegna va tutto male in quel campionato 1986-87: la squadra, allenata da Gustavo Giagnoni, parte con una penalizzazione di 5 punti per via dello scandalo scommesse-bis e finisce all’ultimo posto, retrocedendo in C dopo 25 anni. Va meglio in coppa Italia dove il Cagliari, dopo aver fatto fuori la Juve, arriva in semifinale prima di essere eliminato dal Napoli che vincerà poi il trofeo. Per Pellegrini qualche sprazzo (e 4 gol: uno al Pisa, uno al Vicenza, due al Modena) ma nel complesso la delusione è più forte della soddisfazione.
Massimo non segue il Cagliari in terza serie ma scende comunque in C1 per sbarcare a Ferrara: l’Inter lo cede a titolo definitivo a un’ambiziosa Spal vogliosa di risalita. Due stagioni in biancazzurro dall’87 all’89, 10 reti in campionato, 1 in coppa Italia e 3 nella coppa semipro. Il primo anno, con Giovan Battista Fabbri che sostituisce Giancarlo Cella (l’allenatore che lo aveva valorizzato nelle giovanili nerazzurre), la Spal sfiora la promozione; nel secondo precipita addirittura in C2. Dalla Spal all’Ancona dove, per un paio di mesi, Pellegrini torna a respirare aria di Serie B: una prestigiosa comparsata in coppa Italia (da subentrante) al Flaminio contro la Lazio, le prime di campionato e poi a novembre dell’89 la cessione all’Empoli (C1) con scarsa gloria personale e di squadra.

Nell’estate ’90 si apre il romanzo sentimentalmente più importante nella carriera di Massimo Pellegrini che sbarca a Modena. Con i “canarini” giocherà in tutto sei stagioni in tre diverse parentesi. La prima, la più lunga, dura tre anni, tutti in B. E’ il Modena targato Francesco Farina, neopromosso tra i cadetti. La prima annata è quella di maggiori soddisfazioni e vede Pellegrini primatista in fatto di presenze (35) e gol (9) sotto la guida di Renzo Ulivieri, trascinatore con la maglia numero 10 a una salvezza che alla fine del girone d’andata sembrava compromessa. Del resto le doti tecniche non si discutono: piedi buoni, corsa a testa alta, grande visione di gioco e senso del gol.  
Nel torneo successivo cambia la guida tecnica (Bersellini sostituisce Ulivieri: un film già visto nella Genova blucerchiata sette anni prima) e, dopo poche giornate, ecco il patatrac: il 29 settembre ’91, alla quinta di campionato, a Brescia, un bruttissimo intervento da tergo di Schenardi manda ko Massimo: la diagnosi parla di ''frattura scomposta e pluriframmentaria del perone, frattura del malleolo tibiale, lacerazione completa dei legamenti interni della caviglia della gamba sinistra''. In soldoni saranno quasi dieci i mesi di assenza dai campi di gioco per Pellegrini che torna disponibile per il ritiro precampionato dell’estate ’92. In panchina c’è Pier Luigi Frosio e la società – forse non del tutto convinta del suo pieno recupero – acquista dal Foggia di Zeman un altro trequartista, Mario Massimo Caruso. L’esplosione del fantasista siciliano costringe Pellegrini a scalare all’indietro, a fare quasi il playmaker, con risultati comunque apprezzabili. Nello schema tattico di Francesco Oddo, dall’estate ‘93 alla guida dei gialloblù, non c’è però spazio così a novembre Massimo va al Fiorenzuola, da dove fa comunque rientro la stagione successiva. Nel frattempo il Modena è sceso in C1. Il ritorno sotto la Ghirlandina non è dei più fortunati: la squadra nel giugno ’95 precipita in C2 nonostante il positivo apporto di Pellegrini con 32 partite e 6 reti. E in C2, ma nel Novara, ricomincia l’avventura di Massimo: un anno e mezzo in azzurro (con tanto di promozione in C1 al termine del campionato 1995-96), ma il richiamo modenese è troppo forte e così nel novembre ’96 – dietro chiamata del suo antico estimatore Frosio – ecco cominciare la terza avventura in gialloblù. Durerà due stagioni scarse, con 34 gettoni complessivi e 2 reti e Modena che vivacchia a centroclassifica. Non confermato per la stagione 1998-99, da Modena al Sassuolo il trasferimento è dietro l’angolo. La società neroverde non è ancora entrata totalmente nell’orbita Squinzi, naviga in una C2 tranquilla dove l’apporto di classe ed esperienza di Pellegrini si rivela determinante. Saranno 16 i gol in 4 stagioni, con il divorzio nell’estate 2002 per chiudere con il calcio giocato in Serie D nella Poggese di Poggio Rusco, in provincia di Mantova.

Dopo aver subito lavorato nelle giovanili di Sassuolo e Formigine, nel 2005 Pellegrini si prende un lungo stop dal calcio. Per tornare, sempre a livello di giovanili, nel 2015 alla guida del Fiorano e poi del Modena. Attualmente allena l’Under 15 gialloblù (di prestigio, lo scorso anno, il successo nel Memorial Sassi) ma da parecchi anni la sua attività si divide tra i campi di gioco e… il bancone. Un wine bar nel centro di Modena, un pregiato ristorante (l’Oca Bianca), l’apertura – con il figlio primogenito Simone – di una sorta di caffè letterario e adesso la gestione della pinseria Tre Farine, la più quotata di Modena. Dove vive con la moglie Elisabetta, conosciuta a Frascati da ragazzo, che insegna scherma al Pentamoderna, e i due figli Simone e Matteo.
E Massimo Ottolenghi, direte voi? Da calciatore non ha avuto una carriera tra i professionisti: di lui risultano tanti gol con le maglie di Caratese e Renate. Le ultime notizie, risalenti peraltro al 2014, lo vedono alla guida di squadre dilettanti in provincia di Bergamo (Pontisola e in precedenza Brembatese e Paladina). Certo, quel “Pellegrini in Ottolenghi” protagonista del Mundialito in Argentina nell’estate australe 1981 prometteva molto di più…

Massimo Pellegrini classe 1966
Serie A: 3 presenze, 0 gol
Serie B: 118 presenze, 15 gol