30 SENZA LODE

Comandini, la notte magica di una indimenticabile doppietta

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Dall’anno di nascita 1959 a quello 1988: storie di 30 campioni mancati del nostro calcio, grandi talenti che hanno però deluso (in tutto o in parte) le promesse


“11 Maggio 2001 e quella data non la scorda più nessuno / ma soprattutto l' azzurronero perché quel derby l'abbiam vinto 6-0”. Tralasciamo (perché un po’ troppo scurrile…) la seconda parte del coro della Curva Sud. Resta il fatto che quella data, venerdì 11 maggio 2001, resta scolpita nella memoria dei tifosi del Milan. E soprattutto in quella di chi, quella sera, l’ha vissuta da grande, sorprendente e indiscusso protagonista: Gianni Comandini.

Avrebbe compiuto 24 anni una settimana dopo l’attaccante romagnolo che si fece così un gran bel regalo giusto con qualche giorno di anticipo. Nel 4-4-2 disegnato da Cesare Maldini in occasione di quel derby, grande fu lo sconcerto in tribuna stampa quando le hostess distribuirono le formazioni ufficiali: nel Milan tribuna a sorpresa per Bierhoff (uno dei protagonisti dello scudetto vinto appena due anni prima) e solo panchina per lo spagnolo Josè Mari, attaccante acquistato nel gennaio 2000 per più di 40 miliardi di lire. Titolare al centro dell’attacco al fianco di Shevchenko, con la maglia numero 9, quel Comandini che fino ad allora era partito nell’undici iniziale solo due volte quando ancora sulla panchina rossonera sedeva Zaccheroni e con risultati neppure troppo esaltanti: sconfitta a Vicenza e pareggio in casa con il Bologna. Zero reti all’attivo nelle precedenti 8 presenze in campionato. In una stagione che lo aveva visto però subito protagonista in Champions League, con gol al debutto nel preliminare contro la Dinamo Zagabria a San Siro: entra al minuto 77 al posto di Josè Mari e segna al 90’ la rete del 3-1.

Da quella afosa serata del 9 agosto che sembrava promettere grandi cose però era andato storto tutto o quasi. Di ritorno dai Giochi Olimpici di Sidney 2000, una lombalgia lo tiene infatti lontano dai campi di gioco per più di tre mesi. Il Milan incappa in un’annata storta tanto che a metà marzo, con la squadra all’ottavo posto, viene licenziato Zac e al suo posto arriva la coppia Maldini-Tassotti. E di quel torneo, chiuso in sesta posizione, rimarrà agli annali solo il 6-0 di quel derby giocato per di più in casa dell’Inter. Comandini era arrivato al Milan nell’estate del 2000 per circa 12 miliardi, ma già nel luglio del 1999 la società rossonera ne aveva prelevato la metà del cartellino dal Vicenza lasciandolo però maturare in terra berica.

Nato a Cesena e cresciuto nelle giovanili bianconere, Comandini si affaccia al grande calcio ancora minorenne: ha solo 17 anni quando Bruno Bolchi lo porta in panchina in una gara del torneo Anglo-Italiano persa in casa dal Cesena per 4-1 contro lo Sheffield United. Sempre in quella stagione 1994-95 arriva una doppietta “ufficiosa” in un’amichevole vinta 3-1 dal Cesena allo stadio Bruno Neri di Faenza. Nel luglio ’95 l’aria della prima squadra diventa sempre più intensa: Marco Tardelli lo porta in ritiro, le punte titolari sono due quasi trentenni dal gol facile come Darione Hubner e Girolamo Bizzarri, alle spalle di questi due ’67 premono i giovani Comandini e Maenza. Alla prima di campionato Tardelli gli dà subito fiducia schierandolo titolare (con la maglia numero 20) al fianco di Hubner con Dolcetti trequartista alle loro spalle. Il Cesena batte 1-0 la Pistoiese, Comandini, frenato forse da un briciolo di emozione, spreca una colossale palla gol cincischiando davanti al portiere e facendosi così parare la conclusione da Betti. Rimarrà, quello, il suo unico gettone di presenza stagionale in B: per lui spazio solo nelle amichevoli settimanali e in qualche partita del consueto torneo Anglo-Italiano. Il Cesena lo manda così la stagione successiva a “farsi le ossa” in C1 al Montevarchi: 28 presenze (molte da subentrato) e 3 reti nel suo primo campionato da titolare con Discepoli allenatore e dignitoso nono posto finale.

Nell’estate ’97 il Cesena, nel frattempo retrocesso in C1, lo richiama alla base: il 1997-98 termina in gloria con la promozione diretta dei bianconeri guidati in panchina dall’ex difensore Corrado Benedetti che aveva già avuto Gianni alle sue dipendenze nelle giovanili cesenati. Per lui 6 gol all’attivo nella cavalcata promozione, il primo assaggio di azzurro con Tardelli (suo vecchio mentore) che lo inserisce nella Nazionale Under 21 con tre futuri campioni del mondo (Zambrotta, Gattuso e Pirlo) e due promesse (Ambrosini e Ventola) che avrebbero fatto una grande carriera. Nel luglio ’98 arriva poi anche la cessione al Vicenza (allora in A) che lo lascia però ancora un anno a Cesena a maturare.

La stagione 1998-99 è quella della definitiva consacrazione. Nonostante il cambio in corsa di panchina (Cavasin per Benedetti dalla 11esima giornata), Comandini gioca alla grande il suo primo campionato cadetto da titolare (sempre con l’amato numero 20). Risulterà alla fine il calciatore della rosa con più presenze (36) e più reti (14): la prima in casa contro il Treviso (3-1) alla seconda giornata, l’ultima e più prestigiosa nel successo per 2-1 del Cesena al Delle Alpi contro il Torino alla 34esima. Nel frattempo continua la sua ascesa con gli azzurrini: in Under 21 arrivano i primi gol (al Galles nell’andata e nel ritorno del gironcino di qualificazione all’Europeo di categoria) e il tridente offensivo schierato da Tardelli - con Pirlo numero 10 trequartista alle spalle di Comandini (con il 7) e Ventola (con il 9) - comincia a riscuotere consensi da pubblico e critica. A giugno poi Cesena e Vicenza vanno alle buste e sono i veneti (scesi nel frattempo in B) ad aggiudicarsi l’intero cartellino. Ma è il Milan che piomba su Comandini aggiudicandoselo per 15 miliardi.

Comandini ha varie richieste da squadre di A (Cagliari e Lecce) e di B di primissima fascia (Sampdoria appena retrocessa) ma l’ambizioso Vicenza punta alla promozione e – d’accordo con il Milan - non vuole privarsi del suo apporto offensivo. Edy Reja ha a disposizione una discreta batteria di attaccanti che a fine stagione andrà tutta in doppia cifra: oltre a Comandini (con 20 centri il miglior goleador di squadra e quinto assoluto in classifica cannonieri), ci sono Pasquale Luiso (chiuderà a quota 14 reti) e Christian Bucchi (10). Un patrimonio che regala al Vicenza il miglior attacco del campionato (69 gol) e soprattutto un primo posto con 4 punti di distacco sulle altre tre promosse Napoli, Brescia e Atalanta. La fine della primavera del 2000 è per Comandini una cavalcata trionfale: il 28 maggio il Vicenza festeggia il ritorno in A ma Gianni quel giorno non è al Menti per il 3-2 sul Cesena ma in Slovacchia con l’Under 21 impegnata nella final four dell’Europeo. I ragazzi di Tardelli alzano al cielo il trofeo continentale il 4 giugno con il 2-1 in finale sulla Repubblica Ceca, tra gli altri, di Baros, Ujfalusi, Grygera e Jankulovski. Decisiva una doppietta di Andrea Pirlo a segno nel primo tempo dal dischetto con rigore procurato da Comandini. E proprio di Comandini era stato il primo gol azzurro nel torneo finale, quello che aveva dato il via al successo per 2-0 sull’Inghilterra di Frank Lampard.

Nell’estate del 2000 il nome di Comandini tiene banco anche al calciomercato. “E’ un grande attaccante”, il giudizio sintetico e deciso di Adriano Galliani, entusiasta di accogliere a braccia aperte quel giovane attaccante già acquistato nel mercato dell’anno prima. Il Napoli neopromosso in A fa di tutto per vestirlo d’azzurro ma il Milan, dietro anche alle insistenze di Zaccheroni, non molla la presa. Comandini parte per il ritiro, firma qualche gol nelle amichevoli estive, debutta a San Siro nel prestigioso vernissage contro il Real Madrid finito però con il crollo rossonero (1-5) davanti a 25mila attoniti tifosi. Per il resto è storia già scritta: tra il gol nei preliminari Champions alla Dinamo Zagabria, l’avventura olimpica australiana, il lungo stop per la lombalgia, la notte magica del derby con quella doppietta da tramandare ai posteri che vale la pena rinverdire. Il sinistro al volo su assist di Serginho che al 3’ vale l’1-0 e sedici minuti dopo la zuccata all’incrocio per il raddoppio al termine di un magistrale contropiede condotto e rifinito sempre da uno scatenato Serginho. Sul 3-0 Milan il cambio con Josè Mari e la meritatissima e indimenticabile standing ovation. Sembra l’inizio di uno splendido romanzo di gol e di amore tra Gianni e il Diavolo. Invece è contemporaneamente il top e l’inizio della fine. Nelle successive gare stagionali Comandini praticamente non la becca mai.

Così, con la stagione 2001-02 alle porte, il club di Via Turati porta in rossonero Pippo Inzaghi dalla Juventus e, pagandolo a peso d’oro, Javi Moreno dall’Alaves. Il primo scriverà pagine epiche nella storia del Milan, il secondo sarà semplicemente un carissimo (nel senso economico…) bidone. “Comandini è incedibile”, si affretta a dire Galliani ai giornalisti in cerca di notizie. Ma non andrà così. La corte serrata al 9 rossonero (il 20, suo numero preferito, era un’esclusiva rossonera di Oliver Bierhoff) vede protagonisti Torino, Udinese e Fiorentina ma alla fine a spuntarla è l’Atalanta che paga 30 miliardi al Milan (acquisto più caro in assoluto della società orobica) e gli fa firmare un contratto di cinque anni.  L’operazione porta la firma di Beppe Marotta, allora dg nerazzurro.

A Bergamo il tecnico Giovanni Vavassori ha fama di valorizzare i giovani. La stagione precedente l’Atalanta era arrivata settima sfiorando l’ingresso in Europa, con Comandini punta al salto di qualità. Il bomber romagnolo prende il posto del vecchio amico e compagno di under Ventola, rientrato alla base interista, che era andato in doppia cifra con 10 gol tondi tondi in campionato. Al suo arrivo la tifoseria della Dea lo accoglie come un campionissimo al coro di “Gianni portaci in Europa”. L’avvio è incoraggiante (a segno in varie amichevoli estive, tra cui quelle contro Pro Sesto e Cagliari), in campionato l’Atalanta parte male perdendo le prime tre partite ma Comandini mantiene il suo posto da titolare in attacco al fianco di Rossini o Saudati nel rigido 4-4-2 disegnato da Vavassori. Il primo centro arriva alla quinta giornata in una partita a suo modo storica: a Brescia nel derby l’Atalanta pareggia con Sala l’iniziale gol di Roby Baggio. Poi Comandini sale in cattedra: prima serve a Doni la palla dell’1-2 quindi, allo scadere del primo tempo, si mette in proprio con un imperioso colpo di testa vincente su preciso cross di Sala. Si va al riposo sul risultato di Brescia 1-Atalanta 3. I nerazzurri controllano il match fino a un quarto d’ora dalla fine quando Baggio segna la sua personalissima doppietta e in pieno recupero (con Comandini da pochi minuti sostituito da Colombo) provoca l’autorete di Rinaldi che vale il 3-3 finale e scatena l’esultanza sguaiata – che oggi diventerebbe… virale - di Carletto Mazzone fin sotto la curva bergamasca. Da quel 30 settembre 2001 Comandini segnerà altri tre gol in campionato (due al Parma tra andata e ritorno e uno al Piacenza) più uno in Coppa Italia a Bologna. Ma proprio sul finire della stagione, nella sfida giocata a Parma il 21 aprile, dopo la trasformazione di un calcio di rigore, Comandini viene toccato duro ed è costretto a lasciare il posto a Saudati a una ventina di minuti dal termine. La prognosi dei giorni successivi è tremenda: rottura del crociato anteriore del ginocchio destro. Operazione il 2 maggio a Villa Toniolo (Bologna) dal professor Maurilio Marcacci e un lungo stop in agenda…

Il ritorno in campo avviene sei mesi dopo, il 20 ottobre, nell’1-4 che l’Atalanta rimedia contro il “suo” Milan: al 23esimo della ripresa prende il posto di Inacio Pià. Tre giorni dopo in Coppa Italia torna a esultare per un gol segnato alla Sampdoria (caparbia azione con conquista della palla, vittoria in un paio di contrasti, scambio in velocità con Liolidis e preciso rasoterra all’angolino su cui nulla può Pinato). La stagione 2002-03 sembra insomma cominciare sotto i migliori auspici: nel giro di pochi giorni arrivano altre tre reti (contro Parma, Piacenza e Brescia in campionato) ma la sfortuna è di nuovo in agguato. Sotto forma di problemi lombari, gli stessi che lo avevano frenato di ritorno dai Giochi di Sidney del 2000 e che lo tengono fuori causa fino a fine campionato. Nel frattempo l’Atalanta è scivolata in B (fatale la sconfitta nello spareggio contro la Reggina), i tifosi rumoreggiano e il nuovo allenatore Andrea Mandorlini non gli concede grandi spazi quando, a fine agosto, Gianni torna completamente a disposizione. Tanta panchina, qualche scampolo di partita e una sola deludente gara da titolare, lo 0-0 casalingo contro il Napoli del 23 novembre 2003. Naturale dunque la sua cessione nel mercato invernale. Lo chiede con insistenza proprio il Napoli, alla fine sarà il Genoa ad ingaggiarlo nel gennaio 2004. In rossoblù Comandini segnerà un solo gol (di testa a Trieste nella sconfitta del Grifone per 2-1) e si toglierà lo sfizio di giocare al fianco di uno che avrebbe fatto parecchia strada nel calcio italiano ed europeo: Diego Milito.

Nel giugno 2004, scaduto il prestito semestrale al Genoa, Comandini torna a Bergamo. Ma la storia, con l’Atalanta nel frattempo tornata in A, non cambia. Con Mandorlini ha poco spazio: un rigore segnato in coppa Italia a Vicenza e due mini-scampoli in campionato (2’ contro il Chievo e 4’ contro il Palermo). Per cui a gennaio dell’anno dopo eccolo fare di nuovo le valigie destinazione Umbria. Con la maglia della Ternana finalmente ritrova una certa continuità. Il tecnico Brini ci mette due partite prima di trovargli un posto da titolare. Alla settima presenza, a Venezia, arrivano due assist vincenti per la doppietta del giovane cileno Jimenez (protagonista poi in futuro con le maglie di Fiorentina e Inter) e un bel gol in contropiede prendendo in infilata Maldonado e Vicente prima di battere Benussi. E’ il 6 febbraio 2005, un riacutizzarsi dei problemi alla schiena farà sì che quella rimanga l’ultima partita in carriera di Gianni Comandini che chiude con il calcio a soli 28 anni. La passione per la musica lo porta a fare il dj in una discoteca del riadattato Teatro Verdi di Cesena, da lui rilevato con alcuni amici. Poi arriva il momento per mettere su famiglia e dedicare tempo e denaro ad un’altra sua grande passione: i viaggi. Gira il mondo, dalle Americhe all’Oceania e scopre una nuova vocazione, il surf nella sua declinazione “sup” ovvero di “stand up paddle”: quello sport che si fa in piedi sulla tavola da surf con il remo tra le mani. Apre con un amico di Cesena la prima scuola di surf e sup, la Sup Safe Club Marè di Cesenatico. Ma ogni tanto, tra un’onda e l’altra, la sua mente va a quell’indimenticabile 11 maggio 2001…

 

GIANNI COMANDINI classe 1977

Serie A: 55 presenze, 9 gol

Serie B: 94 presenze, 36 gol

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