Il portoghese costretto a inseguire: sta diventando Special Once?
Il paradosso è all’orizzonte; indicativamente fra un mese, a Wembley. Una finale, una delle tante della sua carriera, l’opportunità di vincere un trofeo con una squadra che una coppa non la alza al cielo dal 2008: quando il Tottenham, il prossimo 25 aprile, affronterà il Manchester City nell’ultimo atto della League Cup, José Mourinho avrà la possibilità di firmare un trionfo anche con gli Spurs, lui che da vent’anni riempie le bacheche di tutti i club che lo ingaggiano e almeno un titolo l’ha ottenuto da allora in ogni esperienza.
Se quel giorno vincesse Guardiola, il portoghese perderebbe – peraltro contro uno dei rivali più detestati – l’aura del vincente con tutte le squadre, ma il paradosso non si materializzerebbe tanto con la sconfitta, quanto piuttosto con un successo che lo renderebbe vittima del suo personaggio, giacché per un Tottenham che ha denaro, ambizioni, un nuovo e bellissimo stadio e nel 2019 ha giocato la finale di Champions League, la Carabao Cup è né più né meno che una “coppetta”, per dirla con un termine con il quale Mourinho dileggiava un decennio abbondante addietro Claudio Ranieri, dandogli del settantenne quando di anni in realtà ne aveva cinquantotto. Esattamente quelli che Mou ha oggi.