Europei e Mondiali canto del cigno con l'Irlanda
“Eravamo in cinque. Non credo fossimo dei fenomeni, di sicuro eravamo gli uomini giusti al momento giusto. Loro, a distanza di anni, sono riusciti a rimanere sotto i riflettori, io sono sparito. Per me si è spenta la luce, anzi, sull’interruttore il dito ce l’ho messo io, e ho premuto. Senza rimpianti”. Inizia così la chiacchierata telefonica con Chris Morris, oggi 56enne, uno dei simboli dell’Irlanda targata Jack Charlton. Era la “Golden Generation”, una squadra che prese parte agli Europei in Germania nel 1988 e che nel 1990 contese agli azzurri, proprio trent’anni fa di questi giorni, l’accesso alle semifinali del mondiale italiano.
Per la cronaca all’Olimpico risolse il solito Schillaci su assist di Donadoni e per Morris fu una sorta di canto del cigno. Da quel momento le sue presenze in nazionale diventarono sporadiche, fino a uscire del tutto dai piani di Charlton.
Verrebbe da dire sedotto (per due anni) e abbandonato, anche se Morris ritiene di essere stato un privilegiato. “Arrivai in nazionale quasi per caso. Il terzino destro agli Europei tedeschi avrebbe dovuto essere il capitano Mark Lawrenson, pilastro del Liverpool, ma si infortunò. Tifosi e addetti ai lavori invocavano il ritorno di Dave Langan, un’icona del calcio irlandese, un guerriero a tutto tondo, ma aveva litigato con Charlton e rimase a casa”.