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Zeman a Foggia è romanticismo puro

Quando la nostalgia diventa creatrice

27 Giu 2021 - 09:29

Com’era la storia degli amori che fanno giri immensi, poi ritornano etc? Frase da baci perugina ma stavolta appropriata per descrivere un rapporto, quello tra Zeman e Foggia, che ha delineato i contorni di un amore collettivo, intenso, giovanile. E pensare che Zeman ha ora 74 anni, e torna sulla panchina foggiana dopo 35 anni dalla prima volta (1986) e dopo un trentennio da quello storico “Foggia dei miracoli”. Una squadra che conquistò tutta Italia, e che soprattutto rappresentò per i foggiani il momento più alto dei 101 anni anni di storia rossonera: chi può dimenticare, soprattutto in Puglia, il trio delle meraviglie nonché miglior attacco della Serie B composto da Baiano, Signori e Rambaudi? Fu presto promozione in Serie A, ma anche un capitolo nella storia del calcio del nostro Paese: era nata “Zemanlandia”, la terra calcistica dell’utopia e della bellezza, forse nel luogo più inaspettato.

Per questo Foggia e il Foggia non dimenticano: perché non è stato solo calcio, ma il rapporto costruito con un popolo che nel calcio ripone da sempre speranze e volontà di rivincita. Pensiamo anche al 2010, quando Zeman tenta nuovamente l’avventura in rossonero: miglior attacco della categoria (e, in pieno stile zemaniano, la peggior difesa), reparto composto da Marco Sau e un giovane Lorenzo Insigne. Anche se la classifica proporrà a fine anno un Foggia sesto ed escluso dai play-off, ricordiamo ancora l’empatia di un’intera comunità verso un allenatore e il suo calcio; non solo pallone ma molto di più. Zeman, in uno dei luoghi più dimenticati d’Italia, assediato cronicamente da tante situazioni difficili, ha saputo portare risultati e bellezza. Laddove c’è anche uno storico detto, “fuggi da Foggia”, è rimasto nella città e lì ha fatto fiorire un sogno calcistico.

Come la fisica insegna, però, ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Così ai pareri favorevoli si sono sommati quelli negativi, com’è naturale che sia. Pensiamo in particolare all’opinione di Alec Cordolcini sulle pagine del Fatto Quotidiano: un articolo critico e provocatorio (e già è molto, in una narrazione così appiattita) sia nel contenuto che nella forma, ma con cui non possiamo trovarci d’accordo. L’autore parla del ritorno di Zeman a Foggia come di un “riflesso pavloviano” (la relazione tra un impulso esterno e una reazione collegata, nel caso di specie lo scienziato Pavlov indusse un riflesso condizionato nei cani facendo associare loro il suono di un campanello alla somministrazione del pasto: il riflesso condizionato, al tintinnio, era la salivazione dei cani). Allo stesso modo, nell’articolo si critica una scelta nostalgica a cui i foggiani associano, per riflesso condizionato, le gioie di un’epoca lontana – e probabilmente irripetibile.

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