Musica, lotta e mito nell'Iran profondo

Una tradizione combattente

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Teheran si tinteggia di colori tenui nel momento in cui il pomeriggio si fonde con la tarda serata. Un altro giorno è giunto al termine: per molti, ma non per tutti. In uno stanzone impregnato di sacralità infatti si sono riversati, in religioso silenzio, orde di uomini rivolti verso una piattaforma centrale ribassata. D’un tratto, uno squarcio. Il rumore delle prime percussioni sulla pelle di capra, subito seguita dalla voce ispirata del cantore, crea una nuova armonia. Passano pochi secondi e da una porticina si vede entrare una serie di uomini in fila indiana, con indosso una maglia bianca e calzoncini decorati beige e blu scuro. Gli uomini si posizionano all’interno del recinto in basso, uno al centro e gli altri disposti lungo il perimetro, e cominciano a muoversi a ritmo di musica. Alternano con grande maestria esercizi a corpo libero, maneggio di strumenti vari (clave e scudi in particolare) e ballo. Sembra di assistere ad una celebrazione, un rito sacro con una scaletta precisa e intoccabile: sempre uguale ma mai banale. Il tutto scorre con un’intensità pazzesca. Al termine, gli atleti rivolgono un inchino verso il pubblico. Sipario.

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