Mundialgate, le ombre dell'Italia '82

Fu vera gloria?

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Ci sono eventi in grado non solo di lasciare nella memoria ricordi e sensazioni felici, ma anche di renderci ciecamente fedeli ad essi. Eventi che siamo disposti ad idealizzare, rifiutando così a priori di metterli in discussione. Il Mundial del 1982 ha i connotati perfetti per rientrare in questa categoria: la conquista dell’agognata coppa dopo un inizio claudicante; il carisma di Bearzot a guidare una squadra di uomini veri; il sentimento nazionalpopolare che si gonfia come una bolla, fino all’esplosione al gol di Tardelli; la storica foto della partita a carte sull’aereo a suggellarne l’immortalità.

Insomma, la narrazione perfetta del trionfo all’italiana, costellato di intralci ma brillante e coraggioso. Indelebile nella mente di chi ha vissuto quegli anni, intoccabile per tutti. Tranne che per Oliviero Beha. Beha, giornalista e scrittore di fama nazionale deceduto nel 2017, che proprio a causa di quel mondiale perse il lavoro e (a detta sua) ricevette minacce di morte. Il motivo? Aver portato avanti un’inchiesta, chiamata Mundialgate, in cui insinuava ciò che non poteva essere neanche sussurrato sottovoce: che la vittoria azzurra fosse corrotta.

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