Montanelli al Giro, un affresco d'Italia

Vent'anni fa ci lasciava un grande giornalista italiano

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La vita di Indro Montanelli si è confusa con la grande storia del Novecento italiano. Autentico gigante del giornalismo nazionale, Indro da Fucecchio ha rappresentato un punto di riferimento per generazioni di Italiani e, in un’epoca segnata dal declino del sistema informativo, ancora oggi è personaggio di vivissima attualità. Il suo eloquio e stile unici, uniti ad un vero e proprio “anticonformismo congenito”, hanno forgiato la personalità di un anarco-conservatore che, dal Concilio Vaticano II agli Anni di Piombo, da De Gasperi a Berlusconi, ha saputo offrire considerazioni e analisi profonde dell’Italia del secondo Dopoguerra.

Montanelli ha rincorso la storia d’Italia, e la storia ha rincorso Montanelli, in un vortice che ha portato il giornalista toscano a divenire una delle principali voci con cui il Novecento parla al presente; in una fase cruciale per i destini del nostro Paese, tale rincorsa reciproca non è stata esclusivamente metaforica. Montanelli, infatti, ha potuto vedere con i propri occhi da una prospettiva privilegiata gli anni seguiti alla fine della Seconda guerra mondiale: quelli da cui l’Italia era uscita prostrata, distrutta e sconvolta.

Nel 1947 e nel 1948 fu inviato dal Corriere della Sera al seguito della carovana del Giro d’Italia.

Dalla sua esperienza da cronista della Corsa Rosa trasse eloquenti considerazioni su un’Italia che riapriva gradualmente gli occhi alla fine dell’incubo bellico, gettando le basi per la rinascita che si sarebbe concretizzata all’inizio degli anni cinquanta. Ma è anche al giornalista parmigiano della Gazzetta dello Sport Andrea Schianchi che va attribuito il merito di aver garantito, alle corrispondenze di Montanelli dal Giro d’Italia, la notorietà a loro lungamente negata nell’ultimo settantennio.

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